lunedì 15 gennaio 2024

In Italia continuano ad aumentare le disuguaglianze



Articolo da Valori

Sulle disuguaglianze, l’Italia non fa eccezione. Osservando i dati di ricchezza e povertà estreme, la situazione del nostro Paese risulta decisamente preoccupante. Così come il quadro mondiale delineato nell’ultimo rapporto pubblicato da Oxfam. Nella Penisola, tra il 2021 e il 2022 si è registrato un quasi dimezzamento della quota di ricchezza detenuta dal 20% più povero (passata dallo 0,51% allo 0,27%). Ciò a fronte di una sostanziale stabilità della quota del 10% più ricco degli italiani.

Il 20% di italiani più poveri possiede appena lo 0,27% della ricchezza totale

La forbice, dunque, si amplia. Se a fine 2021 la ricchezza del top-10% era 6,3 volte superiore a quella detenuta dalla metà più povera della popolazione, il rapporto supera il valore 6,7 nel 2022. Ancor più al vertice della piramide distributiva, le consistenze patrimoniali nette dell’1% più ricco (titolare, a fine 2022, del 23,1% della ricchezza nazionale) erano oltre 84 volte superiori alla ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione italiana.

Dall’inizio della pandemia fino al mese di novembre 2023 il numero dei miliardari italiani è aumentato di 27 unità (passando da 36 a 63) e il valore dei loro patrimoni (pari a 217,6 miliardi di dollari a fine novembre 2023) è cresciuto in termini reali di oltre 68 miliardi di dollari (+46%). Nel corso del 2023 è altresì cresciuto il numero dei multimilionari italiani e sono aumentati i loro patrimoni. Si è ampliato di 11.830 unità l’insieme dei titolari di patrimoni superiori a 5 milioni di dollari (passati da 80.880 a 92.710). Il valore dei loro asset è lievitato di 178 miliardi di dollari in termini reali nell’ultimo anno.

Cresce l’incidenza della povertà assoluta nel 2022. Prospettive di peggioramento per il 2023

La disuguaglianza nella distribuzione dei redditi netti equivalenti, in Italia, è rimasta pressoché stabile nel 2021 (ultimo anno per cui le stime distribuzionali sono accertate) rispetto al 2020, grazie a un ruolo incisivo dei trasferimenti pubblici emergenziali e del reddito di cittadinanza. Il profilo poco egalitario della distribuzione dei redditi colloca il nostro Paese in ventunesima posizione sui 27 Paesi membri dell’UE.

Nel 2022 il fenomeno della povertà assoluta mostrava in Italia una maggiore diffusione rispetto all’anno precedente. Poco più di 2 milioni e 180 mila famiglie per un totale di 5,6 milioni di individui versavano nel 2022 in condizioni di indigenza assoluta. Non disponendo di risorse mensili sufficienti ad acquistare un paniere di beni e servizi essenziali per vivere in condizioni dignitose. L’incidenza della povertà a livello familiare è passata in un anno dal 7,7% all’8,3%. Mentre quella individuale è cresciuta dal 9,1% al 9,7%. Un aggiornamento che si colloca in coerenza con il trend più che ventennale di crescita della povertà in Italia, sospinta da una perdurante stagnazione economica e dagli effetti non cicatrizzati delle crisi che nel nuovo millennio si sono abbattute sul nostro Paese.

«L’aumento tra il 2021 e 2022 dell’incidenza della povertà assoluta è attribuibile in larga parte, e malgrado il buon andamento dell’economia italiana nel 2022, all’impennata dell’inflazione. E ai suoi impatti più incisivi sulle famiglie a bassa spesa rispetto a quelle benestanti – ha commentato Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia -. La dinamica del 2023 risentirà verosimilmente del rallentamento dell’economia nazionale e della minore capacità delle famiglie di fare affidamento sui propri risparmi. Peseranno anche la riduzione delle misure compensative contro l’impennata dei prezzi nella fase di rientro dall’inflazione. Così come la portata degli strumenti che hanno sostituito il reddito di cittadinanza. Misure che segmentano la platea dei poveri secondo discutibili criteri di meritevolezza. I cui beneficiari si stima potranno ridursi di 500mila unità rispetto alle famiglie eleggibili per il reddito di cittadinanza. Misure destinate ad aumentare la disuguaglianza, l’indigenza e l’esclusione sociale».

Mercato del lavoro in Italia: debolezze strutturali e marcate disuguaglianze

Alcuni segnali positivi, come il tasso di occupazione al 61,3% per le persone tra i 15 e i 64 anni di età, non devono distogliere l’attenzione dai problemi strutturali del mercato del lavoro nazionale. Persistono ampi squilibri territoriali tra aree ad alta e bassa occupazione oltre che forti ritardi rispetto agli indicatori UE o di Paesi omologhi all’Italia, come Francia e Germania. Ancora, il miglioramento registrato dagli indicatori italiani risulta sempre più “agevolato” dalla dinamica demografica negativa.

Tanti nodi restano ancora irrisolti come la perdurante stagnazione salariale e la contenuta produttività del lavoro, o i forti ritardi occupazionali, la bassa qualità lavorativa di giovani e donne, il diffuso ricorso a forme di lavoro atipico che determina marcate disuguaglianze retributive e amplia le fila dei working poor.


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Fonte: Valori

Autore: 
Andrea Barolini


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Articolo tratto interamente da 
Valori


2 commenti:

  1. Bisognerebbe che tutto ciò fosse al primo posto come attenzione... invece...
    Sempre grazie Vincenzo.

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