giovedì 3 marzo 2022

Inizia la censura sulla cultura russa



Articolo da Codice Rosso

La recente notizia dell’annullamento di un corso su Dostoevskij da parte dell’Università Bicocca di Milano fa scaturire diverse riflessioni. Innanzitutto, si può pensare a una pervasiva “russofobia” che si sta diffondendo rapidamente in Occidente (che assomiglia pericolosamente alla “islamofobia” che ha sempre dominato la cultura occidentale). I russi sono diventati il nemico di turno da contrastare con ogni mezzo: vedi la cancellazione di qualsiasi evento culturale in Europa e negli Stati Uniti che riguarda la Russia, oppure le pesanti sanzioni economiche che l’imperialismo occidentale sta predisponendo contro il popolo russo. Perché i più colpiti non saranno Putin o gli oligarchi, ma la popolazione.

La decisione di cancellare un corso universitario su Dostoevskij (poco importa se poi si è deciso di farlo lo stesso, ormai il sasso della stupidità era stato lanciato) ferisce qualsiasi persona che abbia una minima sensibilità culturale. Si tratta soltanto del peggior colpo di coda di tutto ciò che sta avvenendo a livello politico nelle alte sfere, laddove l’Occidente capitalista, mascherandosi da pacifista e umanitario (come ha fatto a Belgrado, a Kabul, a Baghdad o a Damasco) ha trovato il nuovo-vecchio nemico da attaccare: i ‘diversi’, i nemici adesso sono i russi e tutta la loro cultura. Non bisogna mai dimenticare che i russi non si sono mai sentiti occidentali, hanno una cultura peculiare, particolare; basta solo leggere qualche grande romanzo prodotto da questa cultura per capirlo: ad esempio quelli di Tolstoj, Gogol, Puškin e, guarda caso, di Dostoevskij.

Questa diversità culturale è espressa efficacemente da Andrej Tarkovskij nel film Nostalghia (1983). Il protagonista è un poeta russo di nome Gorčakov che si trova in Italia, in Toscana, accompagnato dalla sua interprete italiana, per scrivere la biografia di un musicista russo che ha vissuto in quei luoghi. Nella hall dell’albergo, in un’atmosfera onirica e regressiva, il poeta dice alla giovane di buttare via subito un libro di poesie di Arsenij Tarkovskij, padre del regista, che sta leggendo in traduzione. Infatti – dice – non solo è impossibile tradurre la poesia ma anche tutta l’arte, la quale è una delle espressioni più significative della cultura. Alla domanda della ragazza che chiede: “come avremmo fatto a capire la Russia senza le traduzioni?”, Gorčakov risponde: “voi non capite niente della Russia”, aggiungendo che neppure i russi non hanno capito niente di Dante, Petrarca o Machiavelli. L’unico modo per capirsi – dice – è quello di “abbattere le frontiere fra gli stati”. Certo, bisogna tenere conto che il film è stato girato in un periodo storico estremamente diverso, quando ancora c’era l’Unione Sovietica, ma le frontiere politiche e culturali sembrano ancora non essere state abbattute. Anzi, l’Occidente sta erigendo sempre più barriere, anche e soprattutto culturali, contro l’universo russo che, non dobbiamo mai dimenticarlo, c’entra assai poco con la guerra di Putin.

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Fonte: Codice Rosso

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Articolo tratto interamente da 
Codice Rosso


2 commenti:

  1. Ora la colpa e di quel succede oggi è di Dostoevskij
    Non ricordo dove che propio lui era un pacifista e contro ogni guerra.

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