Articolo da Il lavoro culturale
Una visione critica dei piani per la ricostruzione
I terremoti del Centro Italia 2016/17 hanno portato alla luce la vulnerabilità del territorio italiano, quella che ha creato le condizioni per i terremoti di trasformarsi in disastri. Nella gestione dell’emergenza e della ricostruzione, sia il governo centrale che le amministrazioni locali hanno dimostrato la mancanza di una visione di insieme. Queste riflessioni emergono da una ricerca incentrata sull’analisi dei processi di vulnerabilizzazione spaziale nelle aree colpite, analizzando i fattori di vulnerabilizzazione precedenti al terremoto in relazione alle dinamiche osservate dopo lo stesso (Del Pinto, 2021). Il caso di Amatrice fornisce alcuni spunti di riflessione sulla gestione della ricostruzione dei centri storici, tra il recupero della memoria, identità e criticità.
La vulnerabilizzazione di Amatrice
Le vulnerabilità fisica e spaziale riscontrata nella città storica può inquadrarsi come il culmine di processi sistemici di vulnerabilizzazione (Blaikie et al., 1994), radicati nella storia del territorio. Due meccanismi che negli ultimi decenni si sono rinforzati e amplificati a vicenda nei territori dell’entroterra rurale appenninico sono l’emigrazione e i progressivi tagli di investimenti sui piccoli comuni montani (Valensise et al., 2017). Gli effetti combinati dei due processi sono da considerarsi alla base, oltre che del progressivo invecchiamento della popolazione locale, anche della scarsa manutenzione di larga parte del patrimonio costruito (costituito in gran parte dalle seconde case dei non residenti) e dell’assenza di investimenti in politiche locali di mitigazione e comunicazione del rischio.
Se il terremoto del 24 Agosto 2016 ha rivelato le vulnerabilità pre-esistenti, la gestione emergenziale e le strategie di ricostruzione sembrano non solo incapaci di rimuovere i fattori di rischio, ma anche di generare ulteriori fragilità. In particolare, le radici dei processi di futura vulnerabilizzazione si intravedono già nella gestione dell’iter di ricostruzione, che ha contribuito alla disgregazione fisica e sociale del territorio e dimostra l’assenza di una visione integrata della pianificazione (come i piani di ricostruzione o di protezione civile) e la frammentazione delle pratiche di riduzione del rischio.
Prima e dopo il 24 agosto 2016
La storia sismica del territorio amatriciano intreccia quella delle vicine Umbria e Abruzzo a partire dai terremoti del 1600 e 1703. L’ultimo evento sismico significativo risale al terremoto di Norcia del 1978, quando ad Amatrice si ebbero danneggiamenti localizzati, poi riparati in maniera non sistematica (Valensise et al., 2017). Più recentemente Amatrice non era stata toccata dai terremoti delle regioni vicine (nel 1997 e 2009). Gli sporadici interventi di riparazione del costruito, dopo questi terremoti, erano solo frutto di iniziativa privata; nonostante questo, a causa di un adeguamento sismico limitato, si sono dimostrati insufficienti con il terremoto del 24 agosto 2016.
Un altro elemento di criticità ad Amatrice è legato alla forma urbana, il cui sistema spaziale storico – la rete stradale e le piazze – rimasto invariato nel tempo, risultava inadeguato alle esigenze funzionali della città contemporanea. Prima del sisma le piazze nel centro storico, già in numero esiguo e di superficie ridotta, erano ulteriormente congestionate dall’utilizzo per parcheggio mentre la rete stradale, sottodimensionata rispetto al traffico, era soggetta a periodiche chiusure in favore della pedonalizzazione o del transito di mezzi pesanti. Allo stesso tempo, gli spazi aperti maggiormente interessati dal movimento pedonale – come il corso principale, le vie afferenti e quelle vicine alle chiese e i relativi sagrati (come quelle di San Francesco e di Sant’Agostino) – erano anch’essi circondati da edifici storici non ristrutturati. In altre parole, gli spazi del centro storico associati a valori sociali, storici, e religiosi, punti di riferimento dell’esperienza spaziale quotidiana e ‘mappa mentale’ individuale e collettiva (Lynch, 1960), erano, per la maggior parte, portatori di criticità. Tali criticità spiegano l’elevato potenziale di vulnerabilità riscontrata nell’area storica, intrinseca sia dello spazio (configurazionale) che dallo spazio (per esempio, l’immediata conseguenza per gli elementi e gli occupanti nello spazio stesso) (Del Pinto, 2021).
Inoltre, Amatrice non aveva ancora un piano comunale di protezione civile aggiornato. Al 2015, infatti, solo il 66% dei comuni del Lazio era dotato di un piano di protezione civile regolarmente depositato in Regione – a fronte del 97% registrato nel 2020. A questo aumento formale, registrato in risposta agli eventi del 2016/17, si contrappone la questione della validità dei contenuti, della loro comunicazione e accessibilità, e dell’effettiva messa in pratica delle misure di mitigazione del rischio.
Il terremoto del 24 agosto 2016 ha causato il crollo immediato di interi isolati nel centro storico, con la successiva demolizione dei restanti edifici irreparabilmente danneggiati. Il risultato è ora una spianata in luogo della città vecchia, la cui impronta si intravede nelle viste aeree, nel contrasto tra il pavimento stradale e le tracce degli edifici demoliti. Oggi Amatrice è uno dei 140 insediamenti del cratere sismico trasformati dopo la rilocalizzazione degli abitanti e delle attività economiche. Il ridisegno ‘urbano’, operato attraverso l’occupazione di spazi pubblici e privati con la realizzazione di Soluzioni Abitative Emergenziali (SAE) e la creazione di polarità monfunzionali separate (il polo commerciale, il polo del gusto o ‘area cibo’), ha contribuito fortemente alla separazione funzionale e al riassetto fisico del territorio.
La ricostruzione del centro storico ha mancato di una strategia fino a marzo 2021, quando il comune ha proposto un Piano Speciale Di Ricostruzione poi approvato a maggio 2021 con ordinanza speciale in deroga. Questo piano ha sbloccato la realizzazione di opere pubbliche indispensabili alla ri-urbanizzazione, quali sottoservizi e viabilità, nell’attesa di procedere alla ricostruzione integrale e del centro storico (fig. 2 e 3). A maggio 2021, la ricostruzione privata contava il completamento di circa 200 unità abitative.
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Fonte: Il lavoro culturale
Autore: Monia del Pinto
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Articolo tratto interamente da Il lavoro culturale
Photo credit Elena nena nina, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Tu ci credi a questi piani lungimiranti? Io no, mi dispiace.
RispondiEliminaSiamo in due.
EliminaSperiamo che l'ultimo Piano di ricostruzione sia quello definitivo, e che Amatrice possa tornare a splendere.
RispondiEliminaVisto i precedenti in Italia, non è semplice crederci.
Eliminanon dimentichiamo
RispondiEliminaMai!
EliminaAmatrice è lo specchio della nostra inefficienza.
RispondiEliminaCiao Vincenzo.
Le ricostruzioni in Italia sono sempre lente.
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