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Il disastro del Moby Prince è stato un sinistro marittimo avvenuto la sera del 10 aprile 1991, quando il traghetto Moby Prince, di proprietà della Nav.Ar.Ma., entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno.
In seguito all'urto si sviluppò un vasto incendio, alimentato dal petrolio fuoriuscito dalla petroliera, che causò la morte di tutte le 140 persone a bordo del Moby Prince, equipaggio e passeggeri, eccetto che del giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand.
Il 28 maggio 1998 la nave, posta sotto sequestro probatorio, affondò nelle acque del porto di Livorno mentre era ormeggiata alla banchina; fu poi recuperata e avviata alla demolizione in Turchia.
Solo nel gennaio 2018 è stata pubblicata la relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta su quella che è stata, in termini di perdita di vite umane, la più grave tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra.
Alle ore 22:03 del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince, in servizio di linea tra Livorno e Olbia, mollò gli ormeggi per la traversata. A bordo era presente l'intero equipaggio, formato da 65 persone agli ordini del comandante Ugo Chessa, e 75 passeggeri. Il traghetto, durante la percorrenza del cono di uscita del porto, colpì con la prua la petroliera Agip Abruzzo, penetrando all'interno della cisterna numero 7, contenente circa 2700 tonnellate di petrolio Iranian Light. Alle ore 22:25, il marconista di bordo lanciò il Mayday dal VHF portatile, e non dalla postazione radio, dato che, come stabilito anche dal punto in cui fu ritrovato il cadavere, al momento dell'impatto non si trovava in sala radio.
Parte del petrolio che fuoriuscì dalla cisterna n. 7 della petroliera Agip Abruzzo si riversò in mare, parte invece investì in pieno la prua del traghetto. A causa delle scintille prodotte dallo sfregamento delle lamiere delle due navi al momento dell'impatto, il petrolio prese rapidamente fuoco, circondando e incendiando il traghetto.
Non è possibile stabilire esattamente quanto greggio sia stato "spruzzato" sul Moby; secondo l'ing. Del Bene, nominato come consulente di parte civile nel processo, si trattò di una quantità compresa tra le 100 e le 300 tonnellate.
L'incendio sprigionatosi all'esterno della nave probabilmente penetrò all'interno del traghetto a causa della rottura di due coperchi che separavano la coperta prodiera dal garage superiore (probabilmente fino al locale eliche di prua).
Tuttavia l'incendio non si propagò subito a tutta la nave, in quanto il Moby Prince era provvisto di paratie tagliafuoco per impedire la propagazione delle fiamme. Si stima che le fiamme siano arrivate all'altezza del salone "De Luxe" (dove sono state ritrovate gran parte delle 140 vittime) in un tempo sicuramente superiore alla mezz'ora. I soccorsi partirono in mare solo dopo le ripetute richieste di aiuto da parte dell'Agip Abruzzo. Lo scafo in fiamme della Moby Prince non venne individuato fino alle ore 23:35. Il Moby Prince, con i motori ancora in funzione, percorse ancora alcune migliaia di metri, allontanandosi dal punto d'impatto e iniziando a girare in senso circolare, rendendo così ancora più difficoltosa la sua individuazione.
Si appurò, in seguito, che l'equipaggio fece sistemare, in attesa dei soccorsi (attesi in brevissimo tempo, vista la vicinanza delle banchine del porto), gran parte dei passeggeri nel salone De Luxe posto a prua della nave e dotato di pareti e porte tagliafuoco. Le fiamme provenivano appunto dalla parte anteriore della nave e, raggiunto il salone, lo "scavalcarono", passando intorno e infiammando tutti gli arredi e le strutture circostanti al suo perimetro. In questo modo il salone De Luxe si trovò esattamente al centro dell'incendio e, quando l'equipaggio si accorse del ritardo dei soccorsi, non fu più possibile evacuare le persone dall'uscita posteriore del salone, tanto meno da quella anteriore, già luogo di provenienza delle fiamme. Gli esami tossicologici rilevarono inoltre un elevatissimo tasso di monossido di carbonio nel sangue delle vittime, sintomo del fatto che in molti sopravvissero per ore (anche in stato di incoscienza) all'incendio, e non tutti quindi morirono a causa delle fiamme nel giro di pochi minuti dall'impatto.
Un fattore che ha contribuito in maniera importante alla mortalità sul traghetto fu di sicuro il fumo nero e denso originato dalla combustione del petrolio e dei materiali plastici, e in misura minore i gas prodotti dall'evaporazione del petrolio che, concentrati in ambienti ridotti come quelli di un traghetto, hanno aumentato il loro potere soffocante. Ad aggravare la presenza dei fumi e dei gas fu anche il sistema di aria condizionata e di aria forzata del traghetto, rimasto acceso durante tutto l'evolversi dell'incendio (fu trovato ancora in funzione il giorno dopo l'incidente), che distribuì il fumo e i gas tossici anche negli ambienti della nave non direttamente interessati dall'incendio.
Tredici salme (tutte, con una eccezione, di membri dell'equipaggio) vennero rinvenute sul ponte imbarcazioni, otto delle quali nell'area scoperta di poppa (ponte sole), due nell'atrio abbandono nave di prua (nei pressi della plancia; una delle due era quella del comandante Chessa), una nell'atrio tra il ristorante e la discoteca Moby Club e due nelle cucine. La maggior parte delle vittime fu ritrovata nel ponte di coperta. La salma di un membro dell'equipaggio fu rinvenuta nel corridoio che dalle cabine di II classe portava sul ponte scoperto di poppa, altre tre (tutte di membri dell'equipaggio) sulle scale che portavano al garage, 30 (9 passeggeri e 21 membri dell'equipaggio) nella zona cabine di II classe (principalmente nei corridoi, tranne i resti di 6 persone trovati in un locale adiacente adibito a bar/ripostiglio), 28 (21 passeggeri e 7 membri dell'equipaggio) nel vestibolo abbandono nave (l'atrio tra la zona cabine di II classe ed il salone De Luxe), 60 nel salone De Luxe (43 passeggeri e 17 membri dell'equipaggio) e due, un passeggero ed un motorista, in un bagno a destra del vestibolo abbandono nave. I corpi di un motorista e di un passeggero vennero invece trovati in sala macchine, mentre quello di un altro motorista fu trovato negli alloggi dell'equipaggio, vicino ad una manichetta antincendio. Un'unica salma, quella del barista Francesco Esposito, venne ritrovata in mare, unica vittima deceduta per annegamento.
I familiari delle vittime del Moby Prince si sono costituiti in due associazioni. La prima denominata "140" è presieduta da Loris Rispoli il quale, nel rogo del traghetto, ha perso la sorella. Tale associazione raccoglie la maggioranza dei familiari. La seconda, quella più recente, denominata "10 aprile" è presieduta da Angelo Chessa, figlio del comandante del Moby Prince, il com.te CSLC Ugo Chessa. Entrambe le associazioni continuano a chiedere alle autorità competenti che sia fatta luce e giustizia su questo terribile avvenimento.
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Sono passati tanti anni, ma ricordo bene questa tragedia e i tanti morti, ricordo che si era salvata una persona sola. Saluti. Buon week end.
RispondiEliminaUna tragedia difficile da dimenticare.
EliminaNessun colpevole. Strano: in Italia si risolve sempre tutto...
RispondiEliminaEro presente, ai funerali di alcune vittime della mia città d'origine. A distanza d'anni, questa tragedia come tante, rimane avvolta nel mistero e senza giustizia.
EliminaNon ricordavo questa tragedia.
RispondiEliminaForse perché avevo solo quattro anni.
Hai fatto bene a condividere questo post.
Non bisogna mai dimenticare.
EliminaAnch'io ricordo molto bene.In italia spesSo nessun colpevole ahimè...
RispondiEliminaMolto spesso.
Eliminauna tragedia senza responsabili!!
RispondiEliminaLe vittime sono morte due volte.
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