Comunicato da Amnesty International - Italia
13/04/2021 – Amnesty International Italia ha pubblicato i risultati della sua ricerca “Il Barometro dell’odio”, giunto alla sua quarta edizione e dedicato quest’anno all’intolleranza pandemica.
La ricerca, svolta tra giugno e settembre 2020, ha preso in analisi oltre 36.000 contenuti unici, tra post/tweet e relativi commenti di 38 pagine/profili pubblici di politici, testate giornalistiche, rappresentanti del mondo sindacale (organizzazioni e singoli) ed enti legati al welfare.
Il progetto, dedicato al monitoraggio e all’analisi dei discorsi d’odio online, ha coinvolto circa ottanta attivisti di Amnesty International Italia, affiancati da esperti nella valutazione dei contenuti. Il focus principale è stato l’impatto che la pandemia ha avuto sui diritti economici, sociali e culturali e la relativa ripercussione sull’odio online.
La crisi ha portato alla luce nuove vulnerabilità e discriminazioni, facendo emergere un odio profondo verso i cosiddetti “untori”. Dall’analisi svolta su circa 40 profili, è risultato evidente che migranti e rifugiati siano il capro espiatorio prediletto dagli odiatori, a fianco di operatori sanitari, runner e di coloro che godono di presunti ed esclusivi benefici.
Ad aumentare il rischio di esclusione e marginalizzazione sociale, in una fase delicata come quella corrente, non vi è però solo il dibattito online sui social network. Un ruolo essenziale è svolto dalla comunicazione istituzionale, che può essere più o meno inclusiva e quindi includere o escludere quelle fasce di popolazione che hanno più difficoltà ad accedere a questa tipologia di informazione, perché hanno un grado di alfabetizzazione e di conoscenza della lingua minore, più scarse competenze digitali o sono colpite dal digital divide.
Dall’ analisi è emerso che:
- i commenti sono nel 10,5% dei casi offensivi e/o discriminatori e l’1,2% di questi è hate speech (+0,5% rispetto alle scorse edizioni). Si offende di meno, si incita di più all’odio;
- l’odio online è più radicalizzato quando incrocia i temi legati ai diritti economici, sociali e culturali (DESC): circa 10 commenti su 100 sono offensivi e/o discriminatori o hate speech;
- i dati aumentano quando questo tipo di contenuti incrocia altri temi: nei post/tweet che parlano di DESC e di “rom” allo stesso tempo, la percentuale sale al 43,2%; nel caso di DESC e “immigrazione” al 20,2%. Nei commenti, quando i temi sui DESC si sovrappongono a “rom” e “immigrazione”, i dati arrivano rispettivamente al 45,2% e al 34,2%;
- le principali sfere dell’odio sono: nei post/tweet islamofobia (46%), sessismo (31,3%), antiziganismo (23,1%), antisemitismo (20,1%), razzismo (7,9%); nei commenti islamofobia (21%), razzismo (19,6%), antiziganismo (19%), antisemitismo (16,6%), omobitransfobia (14,5%). Andando oltre le prime cinque sfere dell’odio più diffuse tra i commenti, troviamo quella classista (11,2%);
- la crisi sociale, economica e sanitaria, ha reso la caccia all’untore ancora più frenetica, facendo emergere nuove vulnerabilità;
- la Facebook reaction “rabbia” è espressa con maggiore frequenza dagli utenti in risposta a post/tweet dei politici.
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Video credit Amnesty Italia caricato su YouTube
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