venerdì 9 aprile 2021

L’inquinamento atmosferico non sembra diminuito in Italia

Articolo da Openpolis

Il 2020 è stato caratterizzato dalla pandemia e in particolare dal lockdown che ha costretto in casa tutti gli italiani per oltre due mesi. Gli spostamenti sono stati limitati alle esigenze primarie e questo ha fatto sì che l’utilizzo delle macchine, del trasporto locale e di altri mezzi si sia ridotto notevolmente. Una situazione che inizialmente ha avuto dei risvolti vantaggiosi sull’ambiente, con una riduzione dell’inquinamento atmosferico registrata in diverse parti del mondo. Tuttavia, dai dati provvisori diffusi dal sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), i livelli di inquinamento atmosferico risultano complessivamente aumentati nel 2020, piuttosto che diminuiti. Questo probabilmente a causa della minore piovosità registrata in alcuni mesi dell’anno, che ha portato a una ridotta dispersione degli inquinanti.

Il lockdown legato all’emergenza COVID-19 non è stato sufficiente a compensare una meteorologia meno favorevole alla dispersione degli inquinanti

Nonostante si tratti di dati provvisori, è interessante osservare l’andamento di questo fenomeno nel 2020. In particolare rispetto a uno degli agenti maggiormente responsabili dell’inquinamento atmosferico, il Pm10

I limiti sulla presenza di Pm10 nell’aria

Il particolato Pm10 è tra i principali inquinanti generati dai processi di combustione, come quelli che coinvolgono l’utilizzo di veicoli a motore e di impianti di riscaldamento.

Come le altre polveri sottili, il Pm10 può causare gravi danni alla salute dell’uomo. Un rischio sottolineato anche nell’ultimo report di Legambiente, che dichiara che nel nostro paese sono oltre 50mila all’anno le morti causate dall’esposizione eccessiva ad inquinanti atmosferici.

Studi scientifici hanno inoltre evidenziato una correlazione tra i livelli alti di Pm10 e un aumento di ricoveri per malattie cardiache e respiratorie. In particolare nei grandi centri urbani, dove l’inquinamento atmosferico è tendenzialmente maggiore che in altri territori.

È dunque fondamentale monitorare la presenza di questo agente nell’atmosfera e per farlo vengono utilizzate apposite stazioni localizzate nella maggior parte delle aree urbane d’Italia.

Per area urbana si intende il territorio che comprende la città di riferimento, perlopiù capoluoghi di provincia, e l’area limitrofa.

534 le stazione di monitoraggio dei valori di Pm10 in Italia.

Essendo uno dei principali elementi inquinanti sono stati stabiliti dei limiti per regolamentarne i valori, sopra i quali l’aria diventa dannosa per gli abitanti. L’organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha fissato un valore di riferimento entro cui sottostare, pari a 50 µg/m³ da non superare per più di 3 volte in un anno. Il rispetto di questo limite rientra nei 17 obiettivi che le Nazioni unite hanno prefissato all’interno dell’agenda 2030 a cui hanno aderito l’Unione europea e i suoi stati membri, compresa l’Italia.

Oltre alle raccomandazioni dell’Oms, anche l’Italia nel decreto legislativo 155/2010 regola la concentrazione di Pm10, stabilendo come limite massimo 50 µg/m³, da non superare oltre 35 giorni all’anno. Lo stesso parametro è stato assunto anche a livello europeo all’interno del pacchetto aria pulita volto a ridurre notevolmente l’inquinamento atmosferico in tutti i paesi membri.

Il superamento dei limiti nelle regioni

Considerata la situazione eccezionale che ha coinvolto l’Italia nel 2020, in particolare nei mesi di lockdown, era possibile aspettarsi una concentrazione inferiore di Pm10 nelle aree urbane del paese. Invece, come accennato in precedenza, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) mostra una situazione differente da quella immaginata. Con i dati 2020 che mostrano, seppur in via ancora provvisoria, un aumento della presenza di Pm10 rispetto al 2019. Almeno in termini di superamento dei limiti di legge.

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Fonte: Openpolis


Autore: redazione Openpolis

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Articolo tratto interamente da 
Openpolis


6 commenti:

  1. Grazie per questo tuo post che forse smaschera invece l'informazione mainstream. Ricordo che durante soprattutto la prima ma anche la seconda ondata di pandemia se non erro, uscivano valanghe di articoli e si vedevano una marea di servizi nei tg nazionali dove si enfatizzava come restando chiusi in casa e non prendendo l'auto e non spostandosi di fatto era calato l'inquinamento di ogni genere. Dato reale ma parziale e quindi non valido statisticamente, al contrario di questo postato da te che correttamente prende in considerazione l'intero 2020.

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    1. Durante il lockdown totale, ci è stato un calo dell'inquinamento, ma con la riaperture delle industrie, si è tornato punto e a capo.

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  2. Ecco le riaperture aumentano l'inquinamanto.Buona serata.

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