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Massacro di Amritsar o anche massacro di Jalianwala Bagh è il nome che indica un episodio avvenuto il 13 aprile 1919 ad Amritsar, principale città dello stato indiano del Punjab, allora parte dell'India e quindi dell'Impero britannico.
Il generale di brigata Reginald Dyer ordinò alle sue truppe, in parte britanniche e in parte Gurkha, di aprire il fuoco sulla folla che assisteva a un comizio in un'angusta piazzetta della città, causando, secondo la successiva commissione d'inchiesta, 379 morti e circa 1.200 feriti.
Da un lato Dyer non ritenne di sparare alcun colpo di avvertimento affinché la folla si disperdesse, dall'altro la manifestazione era una provocatoria violazione della legge marziale, instaurata pochi giorni prima a seguito di reiterati attentati contro l'amministrazione britannica.
Il 18 marzo 1919 nell'intero subcontinente vi furono proteste e manifestazioni di massa guidate dal Partito del Congresso contro il Rowlatt Act, legge che consentiva incarcerazioni arbitrarie di dissidenti senza alcun processo.
Dopo la prima guerra mondiale stava aumentando l'insoddisfazione fra gli indiani. Questi avevano partecipato al conflitto senza però trarre alcun vantaggio dai loro sacrifici, sottostando a uno stato meno liberale di quello di altri dominion come Canada e Australia. Inoltre l'accelerazione produttiva in periodo di guerra aveva portato in India una pesante crisi economica che l'impero britannico sembrava non prendere molto in considerazione.
Mentre nei giorni precedenti i membri istruiti della classe media del Congresso mettevano in pratica il metodo di protesta pacifico della lotta non-violenta propugnata da Mohandas Gandhi, chiamato satyagraha, molti dei manifestanti però non lo seguirono portando successivamente Gandhi a sospendere il movimento il 18 aprile 1919. Da ciò Gandhi dedusse tanto l'enorme seguito che suscitava nella popolazione indiana quanto la necessità però di creare un partito rivoluzionario panindiano più solido e meglio organizzato per il futuro.
Infatti già dall'inizio delle marce, il 30 marzo o il 6 aprile a seconda delle regioni, ci furono sia enormi mobilitazioni popolari pacifiche quanto esempi di fraternizzazione fra indù e musulmani ma Gandhi (così come le forze dell'ordine inglesi) non avevano ancora i mezzi e l'organizzazione per gestire masse di queste proporzioni che in diversi casi volsero rapidamente in proteste violente, soprattutto nel Punjab a tal punto che il governatore inglese della regione, sir Michael O'Dwyer, dichiarò legge marziale il 13 aprile. Il timore diffuso del Governo coloniale indiano era che tali violenze fossero l'inizio di una rivolta generale paragonabile a quella del 1857.
Il 13 aprile, lo stesso giorno della dichiarazione della legge marziale, migliaia di indiani si ritrovarono al Jalianwalla Bagh, nel cuore della città di Amritsar. L'occasione era la festività Sikh di Baisakhi in cui è tradizione festeggiare l'arrivo della primavera ritrovandosi in comunità. Il raduno sfidava l'articolo della legge marziale che proibiva le riunioni di cinque o più persone in città. Il luogo del ritrovo, il Jalianwala Bagh, era un parco circondato su tutti i lati da mura di mattoni e con una sola stretta apertura per l'accesso e l'uscita.
Le truppe inglesi e i gurkha marciarono sino al parco accompagnati da un mezzo blindato su cui erano montate mitragliatrici, che però rimase fuori dato che non era in grado di passare nello stretto ingresso.
I soldati erano guidati dal colonnello (generale di brigata pro tempore in attesa della smobilitazione) e veterano della prima guerra mondiale Reginald Dyer che, senza sparare alcun colpo di avvertimento affinché la folla si disperdesse, ordinò ai suoi uomini di aprire il fuoco sulla folla pacifica.
Dato che non esistevano nel parco altre uscite oltre a quella già ingombrata dai soldati, la gente tentò disperatamente di scappare arrampicandosi sui muri e alcuni si gettarono in un pozzo per sfuggire ai proiettili, molti altri morirono calpestati .
Il tiro di fuoco degli uomini di Dyer (furono sparati quasi un totale di 1.650 proiettil), continuò sino all'esaurimento delle munizioni e in pochi minuti vi furono ufficialmente "almeno 379 morti e oltre 1.200 feriti"; le truppe si ritirarono senza fornire alcuna assistenza medica ai feriti.
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Photo credit Adam Jones from Kelowna, BC, Canada, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
A quel tempo l'India, oggi il Myanmar e... non solo lì. Il mondo sembra proprio non cambiare mai se non in certi periodi temporali o per certe cose come la tecnologia. Chissà che futuro ci aspetta tra dieci anni se non anche meno...
RispondiEliminaII futuro è un'incognita.
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