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Il naufragio della Costa Concordia avvenne il 13 gennaio 2012, quando l'omonima nave da crociera impattò contro il gruppo di scogli noti come le Scole, nei pressi dell'Isola del Giglio, in Italia, alle ore 21:45:07. La nave era di proprietà della compagnia di navigazione Costa Crociere, del gruppo Carnival Corporation & plc, ed era comandata da Francesco Schettino. Fu uno dei più gravi naufragi della storia italiana.
Salpata dal porto di Civitavecchia in direzione di Savona per l'ultima tappa della crociera «Profumo d'agrumi», nelle acque dell'Isola del Giglio urtò uno scoglio riportando l'apertura di una falla lunga circa 70 metri sul lato di sinistra della carena; l'impatto ha provocato la brusca interruzione della navigazione, un forte sbandamento e il conseguente incaglio sullo scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto, seguito dalla parziale sommersione della nave.
Il naufragio ha causato 32 morti tra i passeggeri e l'equipaggio e, nel successivo processo, il comandante Schettino è stato condannato a 16 anni di reclusione; è stato anche il naufragio che ha interessato la nave passeggeri di maggior tonnellaggio nella storia.
La nave salpò dal porto di Civitavecchia alle 18:57 del 13 gennaio 2012, per l'ultima tappa della crociera «Profumo d'agrumi» nel Mar Mediterraneo, con 4 229 persone a bordo (3 216 passeggeri e 1 013 membri dell'equipaggio). La crociera prevedeva che la nave, dopo la partenza da Savona, facesse scalo nei porti di Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo e Civitavecchia, per poi far ritorno a Savona. Uscita dal porto alle 19:18 alla velocità di 15,5 nodi, la nave assunse poi la rotta 302° e una velocità di 16 nodi, seguendo la rotta usualmente percorsa dalle navi della compagnia nel tratto da Civitavecchia a Savona. Alle 21:04, nel punto di latitudine 42°18'.9258 Nord e di longitudine 011°09'.6008 Est, la nave lasciò l'usuale rotta assumendo quella di 278° con una velocità di 15,5 nodi per la manovra di passaggio ravvicinato (nota come "inchino") sotto l'isola del Giglio, prevista da prima della partenza e chiesta, secondo quanto deposto dal comandante Schettino, dal maître Antonello Tievoli.
Nei pressi dell'isola, essendo in rotta di collisione, la nave avrebbe dovuto dirigere verso nord per riprendere la normale navigazione parallela alla costa. Alle 21:36 il primo ufficiale di coperta Ciro Ambrosio ordinò al timoniere Jacob Rusli Bin di assumere rotta 290° e alle 21:39, il comandante, salito in plancia alle 21:34, poco dopo una breve conversazione telefonica sulla profondità del fondale con il comandante a riposo Mario Terenzio Palombo, assunse la conduzione della navigazione, ordinando subito dopo rotta 300° e velocità 16 nodi, e, mezzo minuto più tardi, rotta 310° e poi 325° in modo da proseguire l'accostata per avvicinarsi all'isola del Giglio per il saluto. Alle 21:42 e poi alle 21:43 Schettino ordinò rotta 330° e poi in rapida successione 335°, 340° e 350°, per passare davanti all'abitato di Giglio Porto tenendosi più sottocosta possibile ed emettere dei fischi di saluto.
La nave giunse così a 450 metri dagli scogli, distanza che poi scese a 160 metri; alle 21:44:14, in posizione 42°21'.1991 N e 010°55'.9146 E, il comandante, accorgendosi di essere troppo vicino all'isola e fuori dalla rotta prevista, ordinò di accostare con il timone per 10° a dritta, poi (dopo 4 secondi) per 20° a dritta, e, alle 21:44:21, "hard to starboard" (tutta la barra a dritta), poi, notato che la poppa rischiava di collidere con gli scogli se l'accostata a dritta fosse continuata, ordinò alle 21:44:37 barra al centro per interrompere la manovra, quindi (21:44:44) di dare timone per 10° e poi (21:44:46) per 20° a sinistra, ma il timoniere Rusli Bin, avendo male inteso l'ordine, accostò invece a dritta; alle 21:45:05 Schettino ordinò “hard to port” (tutta la barra a sinistra) ma due secondi più tardi, in posizione 42°21'.4100 N e 010°55'.8510' E, a 14,2 nodi e con prora per 007°, la nave urtò il più piccolo degli scogli delle Scole, nei pressi dell'Isola del Giglio, a 96 metri dalla riva e a 8 metri di profondità (l'ordinanza del GIP di Grosseto che ha convalidato solo gli arresti domiciliari parla però di una distanza di 0,28 miglia marine, cioè 518 metri dalla costa).
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Voleva fare l'inchino.
RispondiEliminaUn eccesso di narcisismo che è costata la vita a 32 persone.
Che scempio!
Abitudine che non è ancora passata di moda.
EliminaSono già passati tanti anni ma ricordo bene le notizie e lo sgomento di quei giorni .Saluti.
RispondiEliminaPensare che bastava poco, per salvare la vita di tutti.
EliminaSembra successo ieri ma sono già passati anni...era una cosa a cui non volevo credere... e quante persone hanno perso la vita!
RispondiEliminaUna pagina buia della nostra storia.
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