martedì 10 settembre 2019

Facebook ha oscurato le pagine di CasaPound e Forza Nuova


Articolo da Wired

Mentre la Camera era assediata dal fracasso di Matteo Salvini, di Giorgia Meloni e dei saluti romani fra teste rasate e croci celtiche, Facebook purgava Casapound, Forza Nuova e le loro propaggini giovanili o locali. Oltre ai profili di responsabili e dirigenti, chiamiamoli così, da Gianluca Iannone a Simone Di Stefano fino a Roberto Fiore. Non è stata una decisione improvvisa ma il frutto di un lungo lavoro di approfondimento nato non solo dalle segnalazioni degli utenti e dalle denunce ma anche dalle numerose inchieste (giornalistiche e no) che negli ultimi anni hanno portato a galla la mappa dell’avvelenamento neofascista online. Contraltare delle attività di questi gruppi offline, fuori dal social network. Dunque, stesso trattamento che era toccato ad Alba Dorata in Grecia o ad altre formazioni britanniche (British National Party e Britain First fra queste): si chiude.

Fiore, già condannato per banda armata e associazione sovversiva, parla con piglio da autore di romanzi distopici di “polizia politica di Zuckerberg”. Di Stefano di “censura e abuso”. Tutti pronti a scomodare la libertà d’espressione di fronte a chi esplicitamente si rifà all’ideologia fascista, a chi ha condotto attacchi e aggressioni (per Forza Nuova 240 denunce e dieci arresti fra 2011 e 2016), a chi persegue l’odio e la discriminazione come grammatica pseudopolitica e spesso manifesto di azione concreta. Il punto è che il fascismo non è un’opinione. Ma qui, addirittura, non si arriva neanche a quel tipo di giudizio: si resta sul metodo, più che sul merito, garantisce la piattaforma per spiegare le sue decisioni.

Al contrario, il messaggio che la galassia nera cerca di far passare è che il colosso hi-tech fa quello che vuole, intervenendo nella vita politica e democratica di un paese e compromettendola. Ma nelle parole, nelle attività e nelle scelte di quei gruppi non c’è nulla di democratico. C’è, al contrario, la rispondenza molto precisa all’identikit di chi non è ben accetto su Facebook secondo gli Standard della comunità perché appunto incita all’odio: “Qualsiasi associazione di almeno tre persone organizzata con un nome, un segno o simbolo e che porta avanti un’ideologia, dichiarazioni o azioni fisiche contro individui in base a caratteristiche come la razza, il credo religioso, la nazionalità, l’etnia, il genere, il sesso, l’orientamento sessuale, malattie gravi o disabilità”. Insomma, mettetevi l’anima in pace: il social non sta facendo come gli pare. Sta solo applicando le sue regole in modo più preciso e pervasivo. Il problema è che non l’ha fatto per troppo tempo. E continua a non farlo con tutti.

Non fasciatevi la testa da garantisti costituzionali, non ci sarà nessuno più avanti a subire lo stesso trattamento, non c’è nessun tecnoregime digitale all’orizzonte. Dopo, non toccherà a nessun altro, sempre che non incroci quei temi e non li esponga in quei termini. Facebook non può senz’altro essere considerata un’azienda come un’altra, su questo non c’è alcun dubbio: per molti mercati è il luogo dove si forma un bel pezzo dell’opinione pubblica. E la discrezionalità di cui dispone il gruppo è da tempo al centro dei crucci dei regolatori: può davvero agire da sola nella gestione dei contenuti, come e in che misura può rinunciare alle sue responsabilità editoriali? E chi dovrebbe fornirle il perimetro in cui agire senza precipitare nella censura?

Le questioni che rimangono aperte sono tre. E in qualche modo è proprio il blitz contro quelle pagine e quei profili a sollevarle in modo lampante. La prima: serve più trasparenza. Facebook dovrebbe rilasciare un rapporto completo che indichi con chiarezza chi, cosa e perché è stato chiuso. Possiamo immaginarlo, ovviamente, ma per tenere l’operazione su un fronte strettamente legato ai contenuti d’odio, più che all’ideologia di partenza (che pure non meriterebbe cittadinanza, in questo paese), servirebbe un approccio più preciso.

La seconda: all’ideologia di partenza dovrebbe invece pensarci lo Stato, sciogliendo quelle organizzazioni come prevedono la Costituzione e le leggi Scelba e Mancino, d’altronde confortate da una quantità di sentenze di condanna ma anche, ahinoi, da una giurisprudenza bifronte che ha concesso ampio margine di manovra a gruppi e gruppuscoli intorno al principio del “rischio concreto” di ricostituzione del Partito nazionale fascista.

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Fonte: Wired

Autore: 
Simone Cosimi

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Articolo tratto interamente da Wired



24 commenti:

  1. Io me la prendo col Capo dello Stato, garante di una Costituzione che esplicitamente condanna il fascismo! Mi chiedo chi tenga le mani legate a Mattarella...

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    1. L'Italia è una repubblica parlamentare, quindi tocca a loro far rispettare la Costituzione, ma soprattutto al popolo, che manda al potere chi incita all'odio.

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  2. Ciao Vincenzo, ormai sono solo i grandi colossi che comandano nel mondo. Trump ha buono a dire che lui ce l'ha con il GAFA, in realtà non farà nulla e noi qui siamo costretti a subire. Già non riesco più a raggiungere alcuni amici su Facebook e, quindi, torneremo al telefono. Cosa vuoi che ti dica, forse ci vorrebbe una rivoluzione mondiale sul tipo della famosa rivoluzione francese. I tuoi articoli sono sempre interessanti e ti ammiro per il contenuto del tuo blog. Buona settimana.

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    1. Stavolta la censura c'entra ben poco, il fascismo e l'odio in rete, va fermato.

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  3. Veramente interessante tutto questo, caro Vincenzo.
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  4. Mi fa enormemente piacere, spero oscuri tutti coloro che nei loro messaggi sui vari social istigano all’intolleranza, all’odio, alla rabbia, alle parole urlate e offensive verso chicchessia.
    Chi sarà il prossimo? Mmmm...
    sinforosa

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    1. Mi auguro che sia solo l'inizio, ci sono troppi leoni da tastiera.

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  5. Comunque non li hanno oscurati per apologia di fascismo, o meglio non solo..ma soprattutto per incitazione all'odio e alla violenza! Quindi mi fa sperare che alcune pagine di certi politici nostrani possano seguire la stessa sorte...

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  6. Ottima decisone e ottimo articolo di Wired.

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  7. Direi che in questo caso parlare di censura sia un filo esagerato, visti i temi di cui si tratta. Forse quest'operazione andava fatta prima ma meglio tardi che mai.

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  8. Bene, era proprio ora!! Andava fatto prima, l'odio in rete, la violenza, le discriminazioni di genere vanno fermati.
    Buona serata, Stefania

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