lunedì 30 settembre 2019

30 settembre 1943 - Le quattro giornate di Napoli


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Le quattro giornate di Napoli furono un episodio storico di insurrezione popolare avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale, tra il 27 ed il 30 settembre 1943. Nel corso dell'insurrezione i civili, con l'apporto di militari fedeli al Regno del Sud, riuscirono a liberare la città di Napoli dall'occupazione delle forze della Wehrmacht, coadiuvate da gruppi di fascisti locali.

L'avvenimento, che valse alla città il conferimento della medaglia d'oro al valor militare, consentì alle forze Alleate di trovare al loro arrivo, il 1º ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione tedesca, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati e allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere, e con successo, contro l'occupazione tedesca.

Per tutto il primo quadriennio di guerra 1940-1943, ci furono durissimi bombardamenti a Napoli da parte delle forze Alleate, che causarono ingenti perdite in termini di vite umane anche tra la popolazione civile. Si calcola che oltre 25.000 furono le vittime di questi attacchi indiscriminati alla città, per non menzionare i danni ingentissimi al patrimonio artistico e culturale (il 4 dicembre 1942 fu semi-distrutta la Basilica di Santa Chiara, mentre solo nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono oltre 3.000 persone; circa 600 morti e 3.000 feriti si ebbero invece per lo scoppio della nave Caterina Costa nel porto, il 28 marzo 1943).

Con l'avanzata degli Alleati nell'Italia meridionale, gli esponenti dell'antifascismo partenopeo (tra cui Fausto Nicolini e Adolfo Omodeo), iniziarono a stabilire più stretti contatti con i comandi Alleati richiedendo la liberazione della città.

A partire dall'8 settembre 1943, giorno dell'entrata in vigore dell'Armistizio di Cassibile con la lettura alla radio da parte del Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio del suo famoso "proclama", le forze armate italiane, come in tutto il paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari si trovarono allo sbando anche a Napoli.

In città la situazione, già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20.000 tedeschi a fronte di soli 5.000 italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se non addirittura conniventi con i tedeschi, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche.

In particolare ci fu la fuga, in abiti borghesi, dei Generali Riccardo Pentimalli ed Ettore Deltetto, cui era affidata la responsabilità militare della provincia di Napoli. Gli ultimi atti di Ettore Deltetto furono proprio la consegna della città all'esercito tedesco e la stesura di un manifesto che, vietando gli assembramenti, autorizzava i militi a sparare sulla folla in caso di inadempienza.

Sporadici ma cruenti tentativi di resistenza si ebbero tuttavia alla Caserma Zanzur, alla Caserma dei Carabinieri Pastrengo e al 21º Centro di Avvistamento di Castel dell'Ovo.

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