Le violazioni e le violenze subite da una parte dei brasiliani per onorare il “Dio pallone” prima dei mondiali del 2014 non sono bastate a far ripensare alla FIFA la macchina organizzativa della Coppa del Mondo che nel 2022 rotolerà in Qatar. Nel piccolo emirato mancano stadi, impianti sportivi, alberghi e negozi, ma non mancano i soldi, grazie alla grande quantità di petrolio e gas che i loro pozzi riescono a sfornare ogni anno. Così le autorità del Paese dal 2010 si sono messe al lavoro assegnando centinaia di appalti a ditte di ogni parte del mondo per riuscire ad accogliere le nazionali e i tifosi che per un mese ne seguiranno le gesta. Il risultato? Nei cantieri dei mondiali di calcio, sotto gli occhi della famiglia reale Al Thani e quelli distratti del presidente della FIFA, Joseph Blatter si sta consumando una vera e propria strage: ad oggi sono già morti 1.200 lavoratori per incidenti ed infarto e poco o nulla è cambiato dopo l’annuncio dell’emirato, 12 mesi fa, di una riforma del lavoro ad hoc per tutelare maggiormente gli operai impegnati nei cantieri.
Gli operai impiegati, più di un milione provenienti da India, Nepal e Filippene, hanno ancora turni di lavoro di 12-16 ore, sono ridotti in condizioni di schiavitù e lavorano con temperature che raggiungono anche 50 gradi all’ombra. Gli atteggiamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori migranti in Qatar, poi, sono la norma e le attese novità della riforma del lavoro, come l’abolizione del sistema localmente chiamato "kafala", che impedisce agli operai di lasciare l’impiego o il Paese senza il permesso del datore di lavoro, la creazione di contratti obbligatori per il welfare dei dipendenti e l’introduzione di sanzioni per i datori di lavoro che verranno meno ai propri doveri, quando applicate, non hanno per ora modificato un sistema che rischia di trasformare la Coppa in una carneficina. La Confederazione internazionale dei sindacati ha stimato che, se non si cambia registro, a lavori ultimati saranno quasi 4mila i lavoratori morti nelle operazioni di costruzioni delle infrastrutture del mondiali 2022, una cifra incredibile se si pensa che per l’ultima Coppa del Mondo in Brasile gli operai morti in incidenti sul lavoro (tralasciando le persone assassinate a causa di sgomberi forzati e abusi delle forze dell’ordine) sono stati "solo" 8.
A ricordare all’opinione pubblica internazionale le durissime condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti i migranti nei cantieri del Qatar è stata nelle scorse settimane un’indagine della una procura francese di Nanterre che ha aperto un fascicolo in seguito alla denuncia dell’organizzazione non governativa Sherpa. La Ong francese, che si occupa della tutela delle vittime di crimini economici, ha infatti accusato un’azienda d’Oltralpe, il colosso industriale Vinci (leader mondiale nel settore grandi opere con un giro d’affari di circa 40 miliardi di dollari e 191mila dipendenti in tutto il mondo) e la sua controllata in Qatar QDVC, di ricorrere al lavoro forzato nei cantieri dell'emirato dove, in vista dei mondiali, si è aggiudicata diversi appalti tra i quali la costruzione della linea tramviaria e della metropolitana. Le accuse, negate dall’azienda che ha querelato per diffamazione Sherpa, sono gravissime: “lavoro forzato, schiavitù e occultamento”. Sherpa ha parlato “della confisca dei passaporti, delle minacce ai lavoratori che si lamentano o reclamano i propri diritti, o che vogliono semplicemente licenziarsi o cambiare occupazione”, ma come ha ricordato il procuratore Catherine Denis “solo se le prove presentate lo consentiranno, sarà aperta un’inchiesta formale”.
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Fonte: Unimondo.org
Autore: Alessandro Graziadei
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Articolo tratto interamente da Unimondo.org
Sono cifre impressionanti.
RispondiEliminaUna vera strage.