venerdì 22 maggio 2015
La pietà è già finita
Articolo da Il lavoro culturale
La vicenda dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo ha già esaurito il suo potenziale di pietà. Alcuni accorgimenti propagandistici messi in atto dal governo italiano hanno prodotto una sorta di slittamento dall’orrore alla pietà e da questa all’identificazione di un nemico necessario contro cui combattere.
Abbiamo assistito, impotenti, alle descrizioni apocalittiche della “più grave tragedia in mare dalla seconda guerra mondiale”, senza che di questa ci giungesse un’immagine. Nessuno ha fornito all’opinione pubblica italiana ed europea un termine di paragone credibile. In effetti, purtroppo, a ricordare le tante stragi di profughi in mare, potrebbe non essere vero che la strage avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 aprile sia la peggiore, né di quelle passate né di quelle a venire. In ogni caso questa caratteristica non dovrebbe aggiungere nulla all’orrore.
Ma questo “uso politico” della morte, come è avvenuto assai spesso, è funzionale a obiettivi che nulla hanno a che vedere con la necessità di salvare gente innocente che fugge da guerre, fame, persecuzioni e carestie. Anzi, al contrario, spesso l’enfasi informativa data ad alcuni episodi è servita all’esatto contrario: preparare il terreno per avventure militari.
Non è necessario tornare in questa sede sull’evidenza: il caso della nave naufragata con un numero imprecisato di persone a bordo, in maggioranza tutte morte, tranne ventotto superstiti, è tutto tranne che un episodio isolato, ma, invece, parte di un drammatico fenomeno antico di decenni.
Vogliono far credere, i nostri governanti nazionali ed europei, di aver “scoperto i colpevoli” di queste stragi: gli scafisti, le reti criminali che sfruttano questo esodo dai numerosi Paesi in preda a guerre di diversa natura. Quindi, sembra necessario “fermare” il traffico, non attraverso delle soluzioni che escano dalla logica emergenziale, ma facendo piani di attacchi militari. Chiunque si fermi un momento a riflettere capirà che non ha senso alcuno dire: fermiamo il traffico in Libia con “attacchi mirati contro le basi degli scafisti”. Cosa sono “le basi degli scafisti” e come identificarle?
In ogni caso non si capisce a cosa servirebbe tutto questo, anche si dovesse raggiungere questo obiettivo. Le ragioni per le quali milioni di persone in Africa come in Medio Oriente sono costrette ad abbandonare le loro case non riguardano certamente l’ultimo anello della catena.
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Fonte: Il lavoro culturale
Autore: Cinzia Nachira
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Articolo tratto interamente da Il lavoro culturale
Photo credit Noborder Network caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons
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