Articolo da Omissis
Le organizzazioni rurali che riuniscono i
campesinos della regione di Usulután in El Salvador, con prevalenti
piantagioni di caffè, si sono riunite per dare vita al primo
Observatorio Ciudadano (Osservatorio della cittadinanza) per
salvaguardare l’ambiente dall’azione delle multinazionali che operano
impunite sul territorio.
In quattro anni di attività sono
riusciti a fermare tre aziende, dare impulso a centri di difesa
ambientale nei paesi di ciascuno, ma soprattutto a creare una rete e un
forte legame tra ognuno degli ormai 30.000 componenti.
“Siamo passati dall’essere vittime della nostra povertà a essere protagonisti del nostro cambiamento” dichiara a «El País»
German Meléndez, uno dei responsabili dell’Observatorio. È un cambio di
mentalità che è costato anni di lavoro e la disponibilità della Ong Solidaridad Internacional Nazioarteko Elkartasuna e della fondazione locale Redes, che hanno seguito le associazioni nel percorso di formazione dell’Observatorio e le sue lotte.
“Prima ci dicevano che l’inverno era
stato duro perché così Dio aveva voluto, e piegavamo tutti la testa.
Adesso no: sono le attività nocive delle multinazionali a consumare le
nostre vite”. Una cosa, che a 34 anni, Germán Meléndez ha ormai chiara.
“Scappare negli Sati Uniti da clandestino non può essere l’unica
alternativa alla povertà. Per distruggere il sogno americano dobbiamo
costruire un sogno salvadoregno” dice ora il leader dell’Observatorio.
Un sogno che inizia nei campi di caffè, in mano a latifondisti che
detengono il potere sul 75% delle terre e che pagano 5 dollari al
giorno.
Una delle prime a farne le spese fu
l’azienda Alubia, che nella zona di Berlín aveva ottenuto la licenza per
raccogliere le acque sorgive, imbottigliarle per venderle nella
capitale. Scoprirono che aveva legami diretti con membri del governo per
poter sfruttare le sorgenti, ma “in questa zona, senza acqua siamo
morti” dice Gregorio Flores, anch’egli responsabile dell’Observatorio.
Ci vollero due anni perché l’azienda cessasse le sue attività. Non
bastarono le denunce alla municipalità, come neanche al ministero
dell’Ambiente. Ci vollero marce, lotte, minacce, provocazioni da parte
della polizia privata posta a difesa del fondo, false denunce che
accusavano i campesinos di sabotaggio agli impianti quando invece era
l’impresa a perforare pozzi tanto profondi da allagare completamente i
macchinari.
Via l’Alubia arrivò però la venezuelana
Alba Alimentos. Arrivava da un paese il cui governo di sinistra lasciava
presagire la possibilità di condividere i propositi delle sue attività,
“ma non il modo con cui diede loro forma”. Dopo pochi mesi
l’indiscriminato disboscamento e le opere di deviazione dei corsi
d’acqua per irrigare i campi loro, condussero a nuove mobilitazioni.
“Siamo 97 famiglie a diverse ore dal
primo centro cittadino, ma con l’Observatorio ci sentiamo più forti e
uniti” dice un attivista. Basta una chiamata perché centinaia di altri
campesinos si attivino per occupare il fondo privatizzato da un’azienda,
paralizzare le sue attività, chiedere spiegazioni, informarsi e far
fronte insieme alle minacce.
Continua la lettura su Omissis
Fonte: Omissis
Autore: redazione Omissis
Licenza:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Articolo tratto interamente da Omissis
Fonte: Omissis
Autore: redazione Omissis
Licenza:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Articolo tratto interamente da Omissis
Grazie Vincenzo che ci porti sempre le cose importanti di attualità.
RispondiEliminaCiao e buon inizio della settimana caro amico.
Tomaso
una storia che ho avuto il piacere di leggere
RispondiEliminaCon piacere ho letto questa notizia, spero che questa organizzazione possa dare sempre più forza ai campesinos
RispondiEliminabuona serata
E' una vecchia e brutta storia quella dei campesinos. Sono sempre stati trattati come fossero degli incapaci mentre erano e sono la forza del paese.
RispondiEliminaFacevano leva sulla loro fede in Dio per poterli manipolare.
Tutto il Centro America purtroppo deve fare i conti con le multinazionali che invadono e distruggono senza badare a nulla e a nessuno. Speriamo che ora i campesinos possano recuperare le loro piantagioni.
Un caro saluto.
Ci vogliono notizie buone e piene di speranza e voci come la tua che le diffondano. Una serena settimana
RispondiElimina