sabato 16 novembre 2013

I segreti free-energy dell'elettricità fredda


Articolo da Altrogiornale.org

di Peter A. Lindemann, D.Sc.
Traduzione in italiano v2.1 by TFI

Capitolo 2: La Stele di Rosetta

James Clerk-Maxwell predisse la possibilità che le onde elettromagnetiche potevano esistere. In discussioni teoriche create per spiegare più esaurientemente le sue descrizioni matematiche, Maxwell chiedeva al lettore di considerare due differenti tipi di disturbi elettrici che forse esistevano in natura. La prima considerazione aveva a che fare con le onde elettriche longitudinali, un fenomeno che necessita di concentrazioni alternate di linee di campo elettrostatico. Questa pulsazione densa e rarefatta di campi elettrostatici richiedeva necessariamente un campo unidirezionale, uno il cui un vettore era fissato in una singola direzione. L’unica variabile consentita nel generare onde longitudinali era la concentrazione del campo. La conseguente propagazione lungo le linee di campo elettrostatico produrrebbe spinte pulsanti di cariche, pulsazione che si muove in una singola direzione. Queste “onde sonore elettriche” furono scartate da Maxwell, che concluse che questa condizione era impossibile da raggiungere.

La sua seconda considerazione aveva a che fare con l’esistenza di onde elettromagnetiche trasversali. Queste richiedevano la rapida alternanza dei campi elettrici lungo un asse fissato. Le linee di campo elettrico che si diffondevano nello spazio sarebbero state, secondo le supposizioni, “curvate a e da” (bend “to and fro”) dal loro proprio momento, mentre si irradiavano alla velocità della luce dalla sorgente alternata. Forze equivalenti, gli esatti duplicati delle alternanze prodotte alla sorgente, sarebbero state rilevate a grandi distanze. Eglil incoraggiava gli sperimentatori a cercare questa forma d’onda, suggerendo i possibili mezzi per raggiungere l’obiettivo. E così la ricerca per trovare le onde elettromagnetiche iniziò.

Nel 1887, Heinrich Hertz annunciò di aver scoperto le onde elettromagnetiche, un traguardo a quel tempo di non poca importanza. Nel 1889, Nikola Tesla cercò di riprodurre questi esperimenti di Hertz. Condotti con assoluta esattezza nel suo elegante laboratorio nella South Fifth Avenue, Tesla si ritrovò incapace di riprodurre gli effetti riportati. Comunque nessuna delle modalità utilizzate avrebbe prodotto gli effetti che Hertz dichiarava. Tesla cominciò a fare esperimenti con scariche elettriche improvvise e potenti, utilizzando dei condensatori caricati ad alti potenziali. Scoprì che era possibile far esplodere cavi sottili con queste improvvise scariche.

Accorgendosi ben poco di qualcosa di importante in questa serie di esperimenti, Tesla li abbandonò, soppesando per tutto il tempo il mistero e sospettando che Hertz avesse erroneamente associato in qualche modo le induzioni elettrostatiche o onde d’urto (shockwaves) elettrificate alle vere onde elettromagnetiche. Infatti, Tesla andò a trovare Hertz e gli dimostrò personalmente queste raffinate osservazioni, il quale, convinto che Tesla aveva ragione, stava quasi per ritrattare la propria tesi. Hertz rimase veramente dispiaciuto, e Tesla si rammaricò molto per aver essere arrivato a tal punto con uno stimato accademico per provare un punto di vista.

Ma mentre si sforzava sui suoi mezzi per identificare le onde elettriche, Tesla ebbe un colpo di fortuna grazie ad un’osservazione accidentale, che cambiò per sempre il corso delle sue indagini sperimentali. Nei suoi tentativi di ottenere ciò in cui, secondo lui, Hertz aveva fallito, Tesla sviluppò un potente metodo con il quale sperava di generare e scoprire le vere onde elettromagnetiche. Parte di questo apparato richiese l’implementazione di un banco di condensatori molto potenti. Questa “batteria” a condensatori veniva caricata a voltaggi molto alti, e successivamente scaricata attraverso corte barre collettrici di rame. Gli scoppi esplosivi così ottenuti produssero diversi fenomeni, che colpirono profondamente Tesla, eccedendo di molto la potenza di qualsiasi dimostrazione elettrica che avesse mai visto. Questi dimostrarono di possedere un segreto essenziale, che egli era determinato a scoprire.

Scoprì che le improvvise scintille, che chiamò “scariche disruptive”, erano capaci di far esplodere i fili in vapore. Esse spingevano onde d’urto (shockwaves) molto penetranti, che lo investivano con grande forza attraverso tutta la parte anteriore del suo corpo. Tesla fu estremamente interessato da questo sorprendente effetto fisico. Anzi, più simili a colpi di arma da fuoco di straordinaria potenza che a scintille elettriche, Tesla fu assorbito completamente da questo nuovo studio. Questi impulsi elettrici producevano effetti normalmente associati solo ai fulmini. Gli effetti esplosivi gli ricordavano eventi simili osservati con generatori di corrente continua ad alto voltaggio. Esperienza familiare fra operai ed ingegneri, la semplice chiusura di un interruttore di una dinamo ad alto voltaggio spesso causava una dolorosa scossa, il presunto risultato di una carica statica residua.

Questa rischiosa condizione si verificava solo con l’applicazione improvvisa di corrente continua ad alto voltaggio. Questa corona di carica statica mortale si trovava proprio attorno ai conduttori altamente elettrificati, e spesso cercava percorsi di terra, inclusi gli operai e gli operatori al quadro di comando. Nei cavi lunghi, questo effetto di carica istantanea produceva una barriera di punte bluastre che puntavano direttamente dalla linea verso lo spazio circostante. La condizione rischiosa compariva brevemente proprio nell’istante della chiusura dell’interruttore. La corona bluastra scintillante scompariva pochi millisecondi dopo, insieme alla vita di qualche sfortunato a cui capitava di essere così “colpito”. Dopo che il breve effetto era passato, i sistemi funzionavano come progettato. Tali fenomeni scomparivano a mano a mano che le cariche saturavano lentamente le linee e gli impianti. Dopo questa breve sovratensione transitoria, le correnti fluivano tranquillamente ed uniformemente come progettato.

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Fonte: Altrogiornale.org  

Autore: Peter A. Lindemann, D.Sc redatto da: Richard

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da Altrogiornale.org  

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