A
Nonostante questa direttiva miri a
risolvere una serie di problemi di lunga data, non solo non ci riesce ma
ne crea di ben altri, così gravi che rischiano di diventare un
disastro. Questa proposta contiene in particolare due articoli molto critici: sono l’art. 11, noto come “link tax”, e l’art. 13.
L’art.
11 stabilisce che gli editori possono esigere un pagamento da chi
condivide una notizia pubblicata, anche in forma di link o citazione.
Questo rende difficile e costoso curare un’aggregazione di notizie.
Condividere un link al sito di un quotidiano potrebbe richiedere un
accordo formale con quel quotidiano, e un eventuale pagamento. Noi
stessi, secondo questa normativa, scrivendo questo articolo avremmo
dovuto prima chiedere il permesso ed eventualmente pagare per usare i
collegamenti a siti esterni. Inoltre le direttive emanate dalla Comunità
europea non sono leggi vere e proprie, ma atti giuridici che vincolano i
paesi membri al raggiungimento di un determinato risultato, pur non
prescrivendo esattamente come, visto che ciascuno dovrà poi recepire la
direttiva armonizzandola col proprio ordinamento giuridico preesistente.
Ogni stato membro avrà quindi una diversa riforma sul copyright. Questo
significa che tutti i siti internet e le fonti stesse da cui i siti
attingono (ad esempio Wikipedia) dovranno sottostare a queste norme, un
caos ingestibile di regole variabili a seconda dello stato membro in cui
viene fornito il servizio. E' facile comprendere come questa legge sia
fortemente incompatibile con qualsiasi sito 'wiki', primo fra tutti
Wikipedia, che ha infatti lanciato uno sciopero oscurando il sito web
per protestare contro l'approvazione di questa direttiva.
L’art.
13 rende invece responsabili per eventuali violazioni del diritto
d’autore le piattaforme online che ospitano quei contenuti ma non le
persone che le utilizzano. Quindi quando ad esempio gli utenti postano
un meme, il video di una serata, o di una protesta che includono come
sottofondo una canzone protetta da copyright, il sito su cui la
pubblicano rischierebbe delle pesanti sanzioni. Questo costringerà
le piattaforme internet a creare sistemi di censura preventiva del
materiale condiviso in rete, imponendo dei “pre-filtri” sulla
pubblicazione dei contenuti. L'applicazione di questi
“pre-filtri” significherebbe che nel momento in cui si pubblica
qualcosa, ad esempio su Facebook, prima che questa venga effettivamente
pubblicata viene fatto un controllo sul contenuto di quel post per
verificare che non ci siano violazioni di copyright; solo in quel caso
verrà poi reso pubblico. Siccome far fare questi controlli a degli
esseri umani costerebbe troppo, il lavoro sarà affidato ad algoritmi.
L’esperienza di questi anni – ad esempio quella di Facebook nel
contrastare le fake news – ci dice che gli algoritmi al momento fanno
male questo lavoro. Facilmente le aziende saranno tentate di censurare
tutto o quasi, pur di evitare di pagare penali.
Un
altro aspetto in cui si può notare l'inadeguatezza di queste misure sta
nel considerare che non vengono prese in considerazioni possibili
'penali' per chi dichiara falsamente diritto di copyright sul lavoro di
altri. Questo significa ad esempio che se un giorno il proprietario di
una piattaforma online decidesse che gli articoli di Wikipedia da lui
utilizzati sono di sua proprietá, potrá citare Wikipedia per violazione
del copyright. Wikipedia a sua volta non potrebbe utilizzare quegli
articoli fino a che non sará verificato l'effettivo diritto di copyright
su quell'articolo. Per dirla in breve, ci sarebbero molte più
opportunitá per persone poco scrupolose, incompetenti o male
intenzionate di bloccare o boicottare i contenuti e la condivisione di
materiali online.
L'articolo 13
inoltre lascia l'utente fuori solo e al freddo. Ovvero, se un giorno il
contenuto di un utente viene oscurato da un algoritmo perché ritenuto
inadeguato alle leggi sul copyright, l'unica opzione è portare il
problema ai responsabili della piattaforma dove la censura è avvenuta e
sperare che rispondano e ascoltino il problema. Ma se questa opzione non
ha successo l'unico modo di recuperare il proprio post, meme, o video è
quello di passare alla risoluzione giuridica.
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Fonte: InfoAut
Autore: redazione InfoAut
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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5 Italia.
Articolo tratto interamente da InfoAut
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Più chiaro di così. E' davvero uno scandalo!
RispondiEliminaCi sono state proposte moderne, ma si ha scarsa voglia d'innovare.
EliminaDa quello che ho letto, questa direttiva mirerà anche a risolvere dei problemi ma ne creerà ben altri. Soprattutto perchè ci sono persone senza scrupoli che se ne potrebbero approfittare, come sempre. Una procedura che sottopone post a una sorta di censura da algoritmo mi sembra una cosa fatta apposta per scoraggiare chiunque a pubblicare qualche cosa su Fb, su un blog o su altro. Tanto più che poi l'utente si ritrova solo e al freddo !!! Mah !! Buon pomeriggio. Quando si saprà qualche cosa di più ?
RispondiEliminaSeri danni anche alla privacy.
EliminaPer ora la direttiva non è passata. Meno male !! Ma se ne riparlerà a settembre. Buon pomeriggio .
RispondiEliminaPer adesso salvi.
EliminaVittoria!!! Direttiva bocciata!
RispondiEliminaAdesso bisogna modificarla, ma perché non chiedere aiuto ad esperti autonomi?
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