Articolo da Valigia Blu
Nel 2001 il Movimento dei movimenti - oltre 300mila persone da ogni parte del mondo, la più grande manifestazione per la giustizia globale - si presenta a Genova per protestare contro i Grandi della Terra, per contestare i loro poteri e le loro politiche. Migliaia di attivisti, migliaia di associazioni in rappresentanza del mondo ambientalista, pacifista, ONG, del mondo cattolico e dei centri sociali uniscono le loro forze contro un avversario che capiscono di avere in comune: un modello di sviluppo basato su un’ideologia del mondo che mette al primo posto i profitti, l’economia e la finanza a cui contrapporre un’altra idea di globalizzazione. Clima, migrazioni, la tassazione sulle transazioni finanziarie, la marcia mondiale delle donne, il diritto alla salute e i brevetti sui farmaci, l’acqua pubblica, agricoltura e sovranità alimentare, pace e disarmo… Sono solo alcune delle tematiche, che si riveleranno profetiche, al centro delle riflessioni e proposte del movimento che voleva cambiare il mondo…
Quel movimento a Genova fu brutalmente schiacciato da una violenza cieca e feroce da parte delle forze dell’ordine. Il corteo pacifico di cittadini e cittadine venne più volte caricato senza ragioni e senza pietà, mentre la macchina repressiva si dimostrava incapace di comprendere, contenere e intercettare le violenze dei cosiddetti "black bloc". Durante i disordini del 20 luglio in piazza Alimonda viene ucciso Carlo Giuliani, raggiunto da un colpo sparato dal carabiniere Mario Placanica. Il processo per la sua morte sarà archiviato: Placanica avrebbe agito per legittima difesa.
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Alle cariche incomprensibili contro cittadini inermi seguirono l’assalto alla scuola Diaz (una operazione di “macelleria messicana” secondo le parole di Michelangelo Fournier durante il processo nel 2007, ai tempi del G8 vicequestore e comandante del settimo nucleo sperimentale antisommossa del primo reparto mobile di Roma, che si rese responsabile della mattanza), le torture e gli abusi nella caserma di Bolzaneto. “La più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale”, secondo le parole di Amnesty International. Con quella sospensione il nostro paese non ha mai fatto i conti davvero, non lo hanno fatto le forze dell’ordine, non lo ha fatto la politica (che tra l'altro bocciò la proposta di creare una Commissione parlamentare d'inchiesta per accertare le responsabilità istituzionali nei fatti del G8). Anche per questo è fondamentale mantenere viva la memoria di quel buco nero della democrazia, continuare a denunciare e a pretendere una riflessione sulle criticità sistemiche a partire dalla cultura delle forze dell’ordine e della loro affidabilità democratica. È di questi giorni la pubblicazione dei video dei pestaggi selvaggi ai danni di detenuti inermi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, degli abusi, del tentativo di falsificare le prove e del senso di impunità. Oggi come allora sappiamo che tutto questo non è il frutto di “poche mele marce”.
Ecco perché ancora oggi è necessario raccontare cosa è stato il G8 di Genova a chi ha oggi 20 anni.
Il Genoa Social Forum
Lo stereotipo dei "No global"
L'escalation di violenza parte sui media
La militarizzazione della città
Gli eventi di piazza
Il corteo dei disobbedienti
L'omicidio di piazza Alimonda
La verità negata
Le violenze di strada
Il "Black Bloc"
Il "Corteo internazionale"
La "macelleria messicana" della scuola Diaz
Le vittime
Le torture di Bolzaneto
La verità del Parlamento e quella del processo
Cosa rimane di quella protesta
Il Genoa Social Forum
Dal 14 al 22 luglio 2001 trecentomila persone impegnate per costruire un mondo migliore si incontrano a Genova su iniziativa del "Genoa Social Forum", una rete internazionale di 1187 organizzazioni che sottoscrivono un "patto di lavoro" con proposte sociali, politiche ed economiche alternative alle ricette di 8 capi di Stato e di governo riuniti nel vertice del "Gruppo degli 8" (G8), che orienta la politica mondiale in base all'agenda dei paesi più ricchi e influenti. I temi trattati durante il "public forum" organizzato nei giorni precedenti all'incontro del G8 riguardano la pace, l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, l’economia di giustizia.
Lo stereotipo dei "No global"
Questa complessa e articolata rete di organizzazioni per il progresso umano, la giustizia sociale e la tutela ambientale, chiamata "movimento dei movimenti" (o movimento "altermondialista", dallo slogan "un altro mondo è possibile") è stata rappresentata sui mezzi di informazione come un movimento "no-global" che si opponeva alla globalizzazione, mentre in realtà chiedeva la globalizzazione dei diritti umani, del benessere e del progresso, che garantiscono soltanto una piccola parte della popolazione mondiale.
L'escalation di violenza parte sui media
Una classe politica lontana dai cittadini e un'informazione troppo vicina al potere politico hanno distorto, manipolato e criminalizzato i principi legittimi di questo movimento, descritto come una pericolosa rete di estremisti. I servizi segreti hanno fatto circolare informazioni false che hanno messo in allarme l'opinione pubblica, la stampa ha recepito queste informazioni acriticamente e senza verifiche, la politica ha preso atto di quello che ha certificato la stampa e ha agito di conseguenza, trasformando la città di Genova in un fortino blindato e la gestione civile dell'ordine pubblico di una manifestazione nella gestione militare di uno scontro con i manifestanti.
La militarizzazione della città
A due giorni dall'inizio degli eventi di piazza, dalla Questura di Genova parte un'ordinanza di servizio che orienta la gestione dell'ordine pubblico in occasione del vertice genovese. In questo documento ripreso e amplificato dai mezzi di informazione si descrivono anche le possibili modalità di "attacco" da parte dei manifestanti, descritte nelle "informative" dei nostri servizi segreti: lancio di palloncini con sangue umano potenzialmente infetto, lancio di frutta con lamette di rasoio all'interno, uso di palloncini ricoperti di carta stagnola per disturbare gli strumenti di volo, utilizzo di deltaplani per sorvolare la "zona rossa" del vertice, dove i normali cittadini non possono accedere per motivi di sicurezza. Mentre la politica, i media e le forze di polizia ragionano su queste bufale conclamate come se fossero vere, il clima di tensione a Genova sale rapidamente in una città blindata, dove chi vive in zona rossa non può ricevere a casa amici che abitano all'esterno, e può passare i varchi solo esibendo un apposito pass.
Gli eventi di piazza
Dopo lo svolgimento tranquillo e pacifico dei dibattiti del "public forum", la manifestazione prevede tre eventi di piazza: il primo è il "corteo dei migranti" di giovedì 19 luglio, che si svolge pacificamente e senza scontri per riconoscere dignità e diritti a chi cerca speranza, lavoro e futuro nel nostro paese.
Venerdì 20 luglio vengono organizzate varie "piazze tematiche" a ridosso dei varchi di accesso alla "zona rossa" per circondare i luoghi del potere con iniziative simboliche di protesta, organizzate per "gruppi di affinità". I mediattivisti raccontano la protesta dal "media center" allestito nella scuola Pascoli davanti alla Diaz, le associazioni nonviolente organizzano un blocco di uno dei varchi di accesso con un sit-in, i movimenti antagonisti vogliono varcare simbolicamente il limite della "zona rossa" sfidando i manganelli e i lacrimogeni con protezioni di gommapiuma, per mostrare che il potere non può escludere i cittadini dalle decisioni.
In quel contesto militarizzato gli unici che riescono ad attraversare la zona rossa sono gli "anarcociclisti" del gruppo "Bici G8" partiti da Lecco domenica 15 luglio, che mercoledì 18 entrano a Genova attraverso una sopraelevata che da Sampierdarena porta al quartiere Foce. Il 20 luglio, invece, il "corteo dei disobbedienti" che attraversa via Tolemaide viene respinto quando era ancora in un tratto autorizzato, usando mezzi blindati e una inaspettata quantità di lacrimogeni, intrappolando migliaia di persone in un tratto di strada senza vie di fuga praticabili, stretto tra un ponte ferroviario e anguste viuzze laterali. Dei blocchi nonviolenti, invece, resta notizia soltanto per le manganellate, le cariche gratuite e i fitti lanci di lacrimogeni che hanno travolto in quelle ore anche i gruppi più pacifici, di cui esiste una sterminata documentazione videofotografica, a partire dalla brutale carica in Piazza Manin subita dagli attivisti della “Rete Lilliput”, che raccoglie le organizzazioni dell’area ecopacifista.
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Fonte: Valigia Blu
Autore: Carlo Gubitosa
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Articolo tratto interamente da Valigia Blu
Photo credit Michele Ferraris, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons
Ciao Vincenzo.
RispondiEliminaAndrò a leggere su Valigia Blu.
Ottimo articolo.
EliminaBellissimo articolo, che mi voglio leggere con calma. Bisogna far sapere ai giovani, cosa hanno tentato di fare i giovani di 20 anni fa, poi massacrati per le loro idee (le nostre) e rilanciarle... se non ora, quando?
RispondiEliminaRicordo quei giorni, molto difficili da dimenticare.
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