lunedì 12 settembre 2016

In India si è tenuto «il più grande sciopero della storia»


Articolo da China Files

Lo scorso 2 settembre in India si è tenuto «il più grande sciopero della storia», secondo la descrizione divulgata dalle sigle sindacali locali, secondo cui ad incrociare le braccia sarebbero stati 180 milioni di lavoratori del settore pubblico, in rotta con l'amministrazione Modi su aumenti del salario minimo e investimenti privati stranieri nel settore pubblico. Uno scontro che, in termini assoluti, può sembrar epocale, ma che considerando le peculiarità del tessuto lavorativo indiano - disastroso - non dà pienamente l'idea di quanta strada ci sia da fare per i diritti dei lavoratori.

Nonostante la stampa indiana abbia paventato un pericolo «paralisi» del paese, lo sciopero nazionale di venerdì ha causato disagi relativamente esigui: esclusi alcuni episodi violenti in Bengala occidentale e Assam, e un'adesione quasi totale dei lavoratori del pubblico del Kerala, il resto del paese ha fatto i conti con una giornata di disagio limitato nel trasporto pubblico, nelle banche, nella sanità pubblica.

Quasi tutti principali sindacati indiani hanno aderito a una protesta incentrata sulle richieste di aumento dei salari minimi (lo stato offre 12000 rupie al mese - 160 euro - , i sindacati ne vogliono 18mila - 241), l'estensione di pensione minima e previdenza sociale a tutti i lavoratori e il blocco degli investimenti diretti stranieri nei settori pubblici «strategici» (ferrovie e difesa su tutti». Unica sigla a disertare lo sciopero la Bhartiya Mazdoor Sangh, legata all'organizzazione ultrahindu extraparlamentare Rashtriya Swayamsevak Sangh (da dove provengono numerosi esponenti del Bjp, tra cui lo stesso primo ministro Modi).

Qua e là sulla stampa occidentale ci si è lamentati di una copertura quasi inesistente, a livello internazionale, di quest'ultimo All India Bandh (bandh=chiuso, in hindi), replica di un medesimo sciopero che si era tenuto precisamente un anno fa. Per dare una misura di come le cose funzionino in India basti pensare che l'offerta dell'esecutivo Modi a pochi giorni dallo sciopero era stata di aprire un tavolo delle trattative per venire incontro alle richieste salariali e di previdenza sociale dei sindacati, accolta dai lavoratori delle ferrovie, che apriranno un dialogo a parte, e rifiutata da tutti gli altri. In aggiunta, il ministero delle finanze ha parlato di «bonus» dovuti ai lavoratori che, ha promesso, ora saranno pagati.

Così, dopo un giorno di braccia incrociate, si è tornato alla normalità. Che, per i lavoratori in India, significa disastro.

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Fonte: China Files

Autore: 
Matteo Miavaldi 

Licenza: Licenza Creative Commons

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Articolo tratto interamente da China Files 




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