sabato 4 luglio 2015

E se la Grecia illuminasse l’Europa?

 
Articolo da Comune-info 

di Alessandro Pertosa e Lucilio Santoni*

Un vento nuovo soffia sull’Europa, ed è forse un vento di burrasca. La Grecia, con i suoi problemi e le sue difficoltà, potrebbe diventare un laboratorio strategico, soprattutto se all’orizzonte appare la possibilità concreta di ripensare l’uomo e la società secondo dinamiche relazionali orizzontali, libertarie e non dispotiche. La patria della filosofia potrebbe rivelarsi un opificio antropologico a cielo aperto: abbiamo davanti a noi davvero la concreta possibilità che dalla Grecia si cominci a pensare ad un uomo nuovo, ad un uomo che non si accontenti di essere più sapiens, ma ambisca a pensarsi humanus fino in fondo.
La cultura europea di cui noi tutti «siamo fatti» è nata lì. Lì, oltre 2.500 anni fa, filosofi geniali e capaci di prefigurare il futuro, cominciarono a ragionare, per la prima volta, di democrazia, libertà, bene, verità. A prescindere dalla storia di questi concetti, di cui non possiamo dare conto qui, noi siamo figli di quegli uomini e di quelle donne e incarniamo quei pensieri. Perché i limiti del mondo che abitiamo sono anche i limiti del nostro linguaggio, ovvero siamo le parole che parliamo. E queste parole, piaccia o no, sono greche.
Fa abbastanza sorridere – ma è un sorriso amaro – ascoltare il presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, dire che l’atteggiamento del governo greco – legittimamente eletto su un programma di sfida alla Troika – è scorretto e non rispettoso dei patti.
Ma di quali patti si sta parlando? Di quei patti che il popolo greco non ha mai sottoscritto, e che sono stati condivisi e siglati da quei politici che non hanno più alcun seguito nel paese? I potenti d’Europa si appellano tutti al rispetto delle regole. Mariano Rajoy, presidente del consiglio spagnolo, chiede le dimissioni di Alexis Tsipras. Matteo Renzi – che a differenza di Tsipras non è stato eletto da nessuno – intima al suo omologo greco di non fare il furbo e di rispettare gli accordi. Ancora! Ma quali? Gli stessi bocciati nel programma politico che ha visto trionfare Tsipras.
Il re è ormai nudo. Non sappiamo fino a che punto i politici europei abbiano chiara la situazione. Continuano a pensare che da questa crisi si possa uscire in qualche modo, che la crescita prima o poi ci sarà, che il capitalismo tutto sommato ha già vissuto altri momenti di difficoltà, e che serve solo attendere il momento migliore. Il problema è che questo momento migliore non ci sarà. Perché l’illusione di poter crescere all’infinito, vivendo però in un mondo dalle risorse limitate, è destinata a scontrarsi ben presto con la realtà. Stiamo consumando il mondo, stiamo mangiando nel piatto dei nostri figli, viviamo nei pressi di una catastrofe e tutto quello che sanno dire questi tecnocrati miopi è che la Grecia deve rispettare i patti. Quei patti che hanno distrutto l’economia di intere nazioni, che hanno provocato la paralisi del mondo produttivo, quei patti per cui l’Europa è diventato il luogo economico e mercantile per eccellenza.
Questo sistema è insostenibile e in Grecia – ma lo stesso vale per il resto d’Europa, che continua soltanto a mettere la testa sotto la sabbia nascondendo la realtà – i nodi sono venuti al pettine e l’inganno della Troika si è palesato in tutto il suo tragico splendore.
A questo punto, si tratta di capire quale orizzonte prefigurarsi e scegliere, che tipo di uomini vogliamo diventare, quale società pensiamo di organizzare in futuro, quali rapporti comunitari instaurare. E per questo la Grecia, che è arrivata al punto di rottura, può forse rappresentare un laboratorio politico e soprattutto una straordinaria possibilità realmente democratica di ripensare dalle fondamenta una cultura. Perché è chiaro che l’aspetto fondamentale di questa complessa vicenda è soprattutto culturale. Tra le pieghe della crisi economica si palesano in realtà visioni antropologiche e politiche profondamente diverse.
Il punto è che la società tecnologico-capitalista è ammalata di uniformità. Tende a omologare tutto e non tollera che qualcuno possa vivere senza sgomitare, e magari più felice, fuori dal diabolico ring del mercato.

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Fonte: Comune-info 


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4 commenti:

  1. Direi che sarebbe un buona luce... per iniziare.

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  2. Sarebbe bello ma credo che sia un gioco, pericoloso!!!

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  3. Le avventure del Governo greco ai tavoli della UE, hanno mostrato che la democrazia non abita più a Bruxelles e che quel Parlamento è la foglia di fico a copertura di organismi non elettivi che governano indisturbati.
    Per garatire gli interessi del neoliberismo (che mi ostino a chiamare capitalismo), la Grecia di oggi deve essere sconfitta perchè rappresenta un pericoloso precedente.
    Sottoscrivo il tuo post.

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  4. io me lo auguro perché non serve un'Europa dei banchieri

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