I mari, i laghi e i fiumi italiani sono un patrimonio naturale inestimabile per il Bel Paese che conta, isole comprese, 7.458 km di coste e oltre ai 5 laghi principali, migliaia di bacini interni, 4.000 dei quali nel solo arco alpino. Sensibilizzare le amministrazioni e i cittadini sull’importanza di mantenere qualitativamente sane le nostre acque, tutelandone gli ecosistemi e la biodiversità per promuovere un turismo sostenibile che sia un volano per tutto il territorio nazionale è fondamentale anche per Legambiente che da anni con la Goletta Verde e Goletta Laghi analizza campioni d’acqua per dare indicazioni utili a bagnanti ed amministrazioni locali. I risultati non sono ovunque negativi, ma a cominciare dalla tutela delle acque dolci di questo Paese, che oggi più che mai dovrebbe cercare di tutelare il proprio patrimonio naturale per valorizzarlo e dove possibile monetizzarlo, la strada della politica sembra ancora imboccare una “selva oscura, ché la diritta via era smarrita”.
All’indomani del Big Jump, un tuffo simbolico per accendere i riflettori sullo stato di fiumi e dei laghi, un’iniziativa internazionale dell’European Rivers Network (ERN) celebrata il 12 luglio scorso, Legambiante ci ha ricordato che l’Italia presenta un debito, questa volta di natura ecologica e non (ancora) economica. Se “Il 2015 doveva essere l’anno in cui poter trovare refrigerio anche nelle acque di fiumi e laghi da Nord a Sud della Penisola - ha spiegato l’ong - si può tranquillamente dire che l’Italia non ha centrato gli obiettivi di buona qualità delle acque previsti dalla direttiva 2000/60 e la percentuale dei corpi idrici superficiali che riesce a soddisfare tutti i requisiti qualitativi tocca appena il 10%” e le previsioni per il futuro non sono migliori. La Commissione europea ha comunicato al nostro Governo che lo stato di salute delle acque interne “ha una prospettiva assolutamente insoddisfacente e ancora troppo lontano dagli auspicabili obiettivi della direttiva, che richiedono che tutti i corpi idrici significativi raggiungano il buono stato di qualità”.
Da tempo ormai l’Europa richiama l’Italia ad avere corsi d’acqua in buono stato. Il 22 dicembre 2015 scadrà il termine per il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla direttiva, in termini di conseguimento del “buono stato ecologico” per tutti i corpi idrici. Ma intanto "continuano ad essere pochi in Italia i casi in cui si è investito sui corsi d’acqua con interventi di riqualificazione, rinaturalizzazione, prevenzione e mitigazione del rischio e insieme di tutela degli ecosistemi” ha detto Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente. Un recente esempio lo si trova nei dati dei monitoraggi scientifici effettuati sul Lago Maggiore nelle scorse settimane. “È emersa una situazione simile a quella denunciata nel 2014: Oltre la metà dei punti indagati risultano fortemente inquinati, in base ai parametri microbiologici imposti dalla normativa vigente in Italia” ha spiegato Legambiente.
Nella costa della provincia di Verbania-Cusio-Ossola 2 punti su 4 non superano l’esame. Per Amelia Alberti, presidente del locale circolo di Legambiente “Il Centro del Sole” “Oltre alla foce del Toce è stata rilevata una grave criticità anche sul lungolago di Stresa. Significa che la situazione in generale è rimasta invariata e in alcuni punti anche peggiorata. Ben vengano gli investimenti incorso e quelli previsti a breve ad Arone e a Dormelletto per la sistemazione della rete fognaria, ma comunque vogliamo ricordare che la qualità complessiva delle acque del lago è un requisito fondamentale per la promozione turistica del territorio”. Nel novarese sono risultati fuori norma ben 4 punti su 6. Due punti su tre sono da bocciare senza appello ad Arona come nel comune di Dormelletto, dove dalle analisi sono risultati fortemente inquinati sia la foce del rio Arlasca, sia la stazione di sollevamento presso via Oberdan. In quest’ultimo punto i tecnici di Legambiente, durante un sopralluogo il 30 giugno, dicono di aver riscontrato “una situazione ambientale vergognosa: non solo rifiuti solidi urbani e igienico-sanitari sparsi ovunque, ma anche acque torbide e fortemente maleodoranti con presenza di una patina melmosa nerastra sul fondo, tipica degli scarichi fognari veri e propri”. In molte di queste aree i monitoraggi effettuati dalla Goletta hanno individuato problematiche microbiologiche legate alla presenza di batteri fecali dovute il più delle volte ad una cattiva o assente depurazione.
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Fonte: Unimondo.org
Autore: Alessandro Graziadei
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Articolo tratto interamente da Unimondo.org
E pensare che siamo fatti anche d'acqua...
RispondiEliminaBuona serata!