E’ sulla piazza dal nome simbolico di Aviv che 30.000 africani senza documenti che vivono in Israele [fr, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] hanno iniziato uno sciopero di 3 giorni e una serie di manifestazioni, sostenute dagli attivisti per i diritti umani. Secondo una legge votata il 10 dicembre 2013, le autorità israeliane hanno la facoltà di trattenere gli immigrati clandestini, senza processo né esame dei loro dossier, fino ad un anno. Inoltre i manifestanti denunciano il rifiuto delle autorità israeliane ad esaminare le loro richieste per ottenere lo stato di rifugiato, come pure la detenzione di centinaia tra loro. Il video che segue sottolinea l'entità delle proteste e precisa le rivendicazioni dei manifestanti:
http://youtu.be/922dI4psDSc
L'istituto di pena di Holot, nel deserto del Negev, nei pressi della frontiera tra Israele ed Egitto, ospita già numerosi detenuti dal dicembre 2013. I clandestini devono timbrare il cartellino tre volte al giorno e passarci la notte.
Il sito irinnews.org dà un'idea della capacità di questo centro [en]:
Holot can house 3,300 migrants and is set to expand, eventually reaching a capacity of between 6,000 and 9,000 people, according to Yitzhak Aharonovitch, Israel's Public Security Minister.
Holot può accogliere 3.300 migranti ed è destinato a svilupparsi ancora, per raggiungere alla fine una capacità di 6.000 e 9.000 persone, secondo quanto sostiene Yitzhak Aharonovitch, Ministro israeliano della Pubblica Sicurezza.
L'atteggiamento discriminatorio contro i clandestini africani ha raggiunto un livello preoccupante, nutrito da discorsi pieni di odio, come si può vedere in questo video pubblicato da Djemila Yamina:
http://youtu.be/ixMVJ9tC0po
Altrove ci sono gruppi estremisti minoritari che attaccano gli immigrati. In Israele, il governo e la macchina giudiziaria ne sono parte attiva. Già nel luglio del 2012, Allain Jules denuncia sul suo blog :
Ce qui se passe en Israël actuellement est indigne. Entre un ministre qui demande que les clandestins soient simplement assassinés, puisqu’il recommande qu’on tire sur eux au moment où ils tenteront de franchir les frontières, un autre qui parle du risque d’impureté future de l’État d’Israël qui doit garder son caractère juif, la boucle est bouclée.
Ciò che accade in Israele in questo momento è indegno. Tra un ministro che chiede che i clandestini siano semplicemente assassinati, che si raccomanda di sparargli nel momento in cui tenteranno di superare le frontiere, e un altro che parla del rischio di impurità in futuro dello Stato d'Israele, che deve conservare la sua natura ebraica, il cerchio si chiude.
Secondo un post di Jean Shaoul pubblicato su cameroonvoice.com:
En vertu de la loi israélienne, il est interdit aux immigrés de travailler tant qu'ils ne sont pas enregistrés comme demandeurs d'asile. Ce qui leur est pratiquement impossible. En effet, selon l’agence des Nations unies pour les réfugiés, alors que le taux de reconnaissance national moyen des demandeurs d’asile est de 39 pour cent, en Israël ce taux est inférieur à 1 pour cent. En Israël, la plupart des demandeurs d’asile sont des Erythréens et des Soudanais qui connaissent un taux de reconnaissance international moyen de 84 pour cent et de 64 pour cent respectivement.
In virtù della legge israeliana, è proibito agli immigrati lavorare fin quando non sono registrati come richiedenti asilo, il che gli è praticamente impossibile. Infatti secondo l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, mentre il tasso medio di riconoscimento a livello nazionale dei richiedenti asilo è del 39%, in Israele questo tasso è inferiore all'1%. In Israele la maggior parte dei richiedenti asilo sono eritrei e sudanesi, con tasso di riconoscimento a livello internazionale medio dell'84% e del 64%, rispettivamente.
In un post pubblicato su un blog di Mediapart, JOSEPH AKOUISSONNE scrive:
Ce racisme est incompréhensible de la part d’un peuple qui a souffert de l’abjection nazie, avec sa cohorte d'actes odieux visant à l'extermination des juifs. Pourtant, c'était bien Madame Golda Meir qui proclamait que : « …les Africains et le peuple juif partagent des points communs. Ils ont été victimes de l’histoire : morts dans les camps de concentration ou réduits en esclavage… » Dans les années 1960, l'état d'Israël avait tissé des liens très forts avec le continent noir. Des étudiants africains étaient accueillis dans les kibboutz. Inversement, nombreux étaient les Israéliens qui allaient en Afrique pour soutenir le développement des états fraîchement indépendants. Il faut aussi rappeler le combat des juifs sud-africains, aux côtés de Nelson Mandela dans sa lutte contre l’apartheid. Sans oublier ceux qui s’engagèrent avec les militants des Droits Civiques aux États-Unis.
Questo razzismo è inspiegabile da parte di un popolo che ha sofferto l'orrore nazista, con la sua coorte di atti odiosi destinati allo sterminio degli ebrei. Inoltre, era la Signora Golda Meir a proclamare che: » …gli africani ed il popolo ebraico hanno dei punti in comune. Sono stati vittime della storia: morti nei campi di concentramento o ridotti in schiavitù… » Negli anni 60, lo stato d'Israele aveva intessuto dei legami molto forti con il continente nero. Studenti africani venivano accolti nei kibboutz e viceversa erano numerosi gli israeliani che andavano in Africa per sostenere lo sviluppo degli stati che avevano da poco conquistato l'indipendenza. Occorre anche ricordare la lotta degli ebrei sudafricani a fianco di Nelson Mandela nella sua battaglia contro l'apartheid; senza dimenticare coloro che si impegnarono con gli attivisti dei Diritti Civili alle Nazioni Unite.
Qual'è l'importanza del fenomeno dell'immigrazione clandestina, tanto da sollevare un tale odio in Israele? Per darne una risposta, il sito JOL Press riporta i dati comunicati dall'associazione Freedom 4 Refugees:
“Environ 50 000 demandeurs d'asile et réfugiés africains vivent aujourd’hui en Israël. Nous avons fui la persécution, les forces militaires, la dictature, les guerres civiles et le génocide. Au lieu d'être traités comme des réfugiés par le gouvernement d'Israël, nous sommes traités comme des criminels » explique Freedom4Refugees.
“Nous réclamons l’abrogation de la loi, la fin des arrestations, et la libération de tous les demandeurs d'asile et les réfugiés emprisonnés”, ont encore déclaré les réfugiés dans une pétition relayée par l’association Freedom4Refugees. Principalement d'origine soudanaise, sud-soudanaise et érythréenne, les manifestants demandent également que les demandes d'asile soient effectuées de “manière individuelle, équitable et transparente ”.
“Circa 50 000 richiedenti asilo e rifugiati africani vivono oggi in Israele. Siamo sfuggiti alla persecuzione, le forze militari, la dittatura, le guerre civili e il genocidio. Invece di essere trattati come rifugiati dal governo israeliano, siamo trattati come criminali” spiega Freedom4Refugees.
“Chiediamo l'abrogazione della legge, la fine degli arresti, e la liberazione di tutti i richiedenti asilo e dei rifugiati imprigionati” hanno inoltre dichiarato i rifugiati in una petizione rilanciata dall'associazione Freedom4Refugees. Principalmente di origine Sudanese, sud-sudanese ed Eritrea i manifestanti chiedono anche che le richieste d'asilo siano presentate “in modo individuale, equanime e trasparente”.
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Fonte: Global Voices
Autore: scritto da Abdoulaye Bah · tradotto da Sabrina Bruna
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Articolo tratto interamente da Global Voices
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