mercoledì 18 settembre 2024

18 settembre 1873 – Inizia il Panico del 1873


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La grande depressione del XIX secolo, detta anche lunga depressione, fu una crisi economica – la prima a essere chiamata tale per vastità di portata ed estensione temporale in cui dispiegò i suoi effetti – che ebbe inizio a Vienna nel 1873 e si propagò anche negli Stati Uniti d'America durante la presidenza di Ulysses S. Grant, dopo oltre vent'anni di incessante crescita economica determinata dalla seconda rivoluzione industriale e si protrasse sino alla fine del XIX secolo.

Il mondo sviluppato conobbe prima una crisi agraria, cui si aggiunse poi una parallela crisi industriale, con forti riduzioni della domanda, profitti marginali calanti e scarsa circolazione monetaria (che comunque non riguardò tutti i Paesi), anche se il prodotto interno lordo (PIL) complessivo si mantenne in crescita costante, senza mostrare cioè caratteri puramente recessivi. Una forte e perdurante deflazione, a livelli strutturali, durante l'intero ventennio innescò massicci licenziamenti e riduzioni salariali, repressioni ai danni dei sindacati e vasti movimenti migratori dalle campagne alle città e dalle aree meno sviluppate a quelle economicamente più forti del mondo. 

La crisi ebbe avvio in Europa con una forte ondata di vendite sulla piazza borsistica di Vienna l'8 maggio 1873, per il timore generalizzato della perdita dei risparmi da parte degli investitori. Negli Stati Uniti d'America invece, il 18 settembre successivo, il fallimento (a causa di ingenti prestiti, divenuti irrecuperabili, investiti nel settore ferroviario, in particolare nella Northern Pacific Railway) della grande banca newyorkese Jay Cooke & Company, uno dei maggiori istituti statunitensi, diede il via ad un'ondata di panico (panico del 1873) che si diffuse nell'economia statunitense e poi in tutti gli altri paesi industrializzati. Nel giro di pochi mesi la produzione industriale degli Stati Uniti cadde di un terzo per la mancanza di acquirenti mentre aumentava a dismisura la disoccupazione. Presto la crisi si diffuse anche in Gran Bretagna, Francia e Germania.

La carenza sul lato della domanda provocò un improvviso e rovinoso calo dei prezzi (deflazione che interessò l'intero ventennio di crisi), con una quantità sempre crescente di scorte di magazzino invendute che indussero i produttori ad avviare massicci licenziamenti nel settore industriale. La crisi ebbe avvio anche da una scarsa circolazione monetaria (in generale declinante, tranne casi isolati come quello dell'Austria-Ungheria e della Russia, dove la circolazione monetaria aumentò)[1] in una fase caratterizzata dall'entrata in vigore della convertibilità della moneta in oro (gold standard) in numerosi paesi industrializzati e la fine del bimetallismo.

Nel settore agricolo l'ingresso ingente di merci statunitensi in Europa (favorito dai miglioramenti nel settore dei trasporti, col passaggio dalla vela al vapore), a seguito di annate agricole negative, provocò una caduta dei prezzi che mandò in rovina moltissimi piccoli produttori (vissuti fino ad allora all'interno di un mercato regionale caratterizzato da bassi profitti e tecnologicamente arretrato rispetto a Gran Bretagna e Stati Uniti) e innescò vasti movimenti migratori tra paesi (secondo direttrici che procedevano dall'Europa agli USA o ai paesi dell'America Meridionale, dall'Europa meridionale al nord Europa), soprattutto in partenza dalle aree economicamente più deboli (paesi periferici europei, tra cui Italia, Irlanda, Spagna, Europa orientale), e dalla campagna verso la città, determinando un forte aumento dell'inurbamento e della disponibilità, in tempi successivi, di manodopera da impiegare nel settore industriale. Nel contempo la crisi del settore agricolo avviò esperimenti di specializzazione delle colture e in alcuni casi l'evoluzione in senso capitalistico delle aziende agricole soprattutto in Germania (barbabietola), Francia (vitivinicoltura) e in Italia settentrionale (Pianura padana).

La crisi di sovrapproduzione si manifestò anche come conseguenza dell'ascesa degli Stati Uniti e dell'Impero tedesco come nuove potenze mondiali. Le riparazioni imposte dalla Germania alla Francia a seguito della guerra franco-prussiana (ammontanti a 6 miliardi di franchi in oro) furono reinvestite al fine di alimentare un processo di rafforzamento del settore siderurgico (complice anche l'acquisizione di vaste aree a produzione carbonifera dell'Alsazia e della Lorena), con una susseguente euforia speculativa sui mercati borsistici. Parimenti negli Stati Uniti si avviava una forte espansione del settore ferroviario e un ingrossamento della bolla finanziaria legata al settore.

Fu la prima manifestazione di una crisi economica moderna, evidenziando la ciclicità dei processi economici, caratterizzati da fasi espansive e conseguenti fasi depressive. Mentre infatti le crisi dell'Ancien Régime si manifestavano sotto forma di carestie (quindi crisi da sottoproduzione), il nuovo tipo di crisi che il mondo andava sperimentando si configurava come crisi di sovrapproduzione.[2]

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