Articolo da El Salto
Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su El Salto
Ancora una volta Israele ci dimostra che può fare quello che vuole. I loro tentacoli di interessi economici e le loro bombe sofisticate sono capaci di uccidere la giustizia stessa. Nelle loro fosse comuni, insieme a migliaia di palestinesi, si trova la dignità umana.
Ho passato la notte abbracciata alla mia figlia più piccola, pensando alle figlie di altre madri, alle madri di altre ragazze che passavano la notte sotto le bombe a Rafah. Ogni tanto prendevo il cellulare e andavo online, e lì trovavo altri come me, in un'insonne consapevolezza di impotenza e orrore. Anche con inopportuni resti di incredulità di fronte a questo nuovo balzo in avanti nel genocidio, che arriva ancora una volta nella più assoluta impunità.
Nelle nostre veglie ha preso piede un lutto universale, un'elegia per i canti, le grida e gli striscioni di milioni di persone in tutto il mondo, messi a tacere ancora una volta dal rumore dell'artiglieria. Una punizione storica per gli sforzi calpestati di migliaia di persone che hanno bloccato le fabbriche di armi, che si sono organizzate in interminabili assemblee, reti di attivisti instancabili che hanno fatto un grande lavoro di pedagogia sociale, denunciando il colonialismo, seppellendo il mito delle due parti , spingendo al boicottaggio, al disinvestimento e alle sanzioni. Un lutto lacerante per quelle effimere speranze che ci hanno regalato i processi contro Israele e il suo governo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia o alla Corte Penale Internazionale.
Ancora una volta Israele ci dimostra che può fare quello che vuole. I loro tentacoli di interessi economici e le loro bombe sofisticate sono capaci di uccidere la giustizia stessa. Nelle loro fosse comuni, insieme a migliaia di palestinesi, si trova la dignità umana. La sua prospera industria degli armamenti e della sorveglianza, le reti clientelistiche che è stata in grado di tessere in tutto il mondo, l’acquisizione della volontà politica e dei media, sembrano sempre avere l’ultima parola. Decreta lo sterminio di un popolo di resistenti, un popolo sopravvissuto a 75 anni di occupazione, a sette mesi di massacro implacabile. Dirige la repressione violenta di coloro che mettono i loro corpi contro la complicità dei loro governi. Il sionismo ha infettato il corpo di una democrazia già anemica e senza difese, e minaccia di annientarla.
Erano
settimane che volevo scrivere un articolo che fosse un inno ai
coraggiosi, a coloro che gridano nel bel mezzo di un'assemblea degli
azionisti o di un comizio di un politico mercenario, rompendo la farsa
con la loro voce e il loro coraggio, chiamando genocidio genocidio
circondato da ostilità o silenzio. Quelle persone che compaiono in rete,
urlando mentre le guardie di sicurezza o la polizia – che sembrano
essere al servizio del sionismo in tutti i paesi – le portano via in
manette, in cattive maniere, senza poterle mettere a tacere. Sono giorni
che inizio frasi in cui palpita la fede in quelle folle che organizzano
il grido e lo fanno restare ed espandersi nei campi e nei sit-in, il
riconoscimento verso i corpi giovani che preferiscono mettere a rischio
la propria integrità e il proprio futuro piuttosto che lasciare che
normalizzare il genocidio. Ho sognato, come tanti altri, una primavera
antisionista.
Ma ieri Israele ha voluto dimostrare di essere capace di devastare qualunque primavera. Ha fatto quello che minacciava di fare da mesi senza che nessuno al potere volesse fermarlo. Ha iniziato l'offensiva finale di una strage che non avrà mai fine, ha espulso di nuovo gli espulsi, ha bombardato di nuovo chi è stato bombardato, ha annientato ogni possibilità di rifugio. I governi che non hanno rotto i rapporti con Israele stanno annientando anche i bambini di Gaza, la retorica che non si traduce in fatti è impregnata di sangue, la diplomazia inutile di chi non ha voluto, avendone il potere, trattare una questione colpo al tavolo, ribaltamento del tavolo, è un linguaggio di morte.
Volevo
scrivere un inno ai coraggiosi, una lettera d'amore a coloro che sono
sopravvissuti alle bombe e a coloro che sono caduti, una preghiera laica
per le moltitudini che non sopportano il genocidio e continuano a
piangere per le strade o in una miriade di insonni. Ma oggi, tutto ciò a
cui riesco a pensare è la codardia e il fallimento. È incomprensibile,
inaccettabile che il nostro governo, come tanti altri, non abbia
interrotto le relazioni diplomatiche e commerciali con Israele, che il
suo ambasciatore continui impunemente nel Paese. È inconcepibile che la
rottura delle relazioni diplomatiche con il suprematismo psicopatico sia
l’eccezione e non la regola. È insopportabile pensare che tra pochi
giorni Israele avrà un’altra opportunità per mascherare il suo
colonialismo omicida in uno spettacolo di luci, musica e colori, mano
nella mano con tutti i paesi europei. La colonna sonora del genocidio
sarà composta da un solista israeliano e da un coro internazionale
complice finanziato dalle nostre tasse.
Volevo scrivere un inno ai coraggiosi, per invocare la speranza portata dalle moltitudini piene di dignità che perseverano nelle strade e nei campus. Ma ora sono pieno solo di disprezzo per i codardi, di odio per la complicità. Grazie a questa complicità indegna e codarda, Israele può ancora una volta iscrivere il suo messaggio al mondo sui corpi dei palestinesi, tra le rovine di Gaza: che il fascismo è una macchina per uccidere che si fa beffe del valore o della giustizia, è la fine di tutto ciò che è umano. il destino che attende tutti noi se il sionismo continua a imporre il suo mandato sul programma delle élite.
Non basta allora scrivere inni ai coraggiosi, guardare con ammirazione alle moltitudini che restano. Dobbiamo essere tutti coraggiosi, tutti noi, perché l’alternativa è la politica della morte, la cultura del genocidio. Perché siamo governati da complici e codardi, e da loro non c’è più nulla da aspettarsi.
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Fonte: El Salto
Autore: Sarah Babiker
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Articolo tratto interamente da El Salto
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