Articolo da Scientificast.it
Un breve viaggio attraverso la letteratura che indaga la correlazione fra spazi verdi e riduzione dello stress e come la realtà virtuale può aiutarci a questo scopo.
Diversi studi negli ultimi decenni hanno infatti investigato la relazione fra gli spazi verdi e il benessere mentale. Nonostante i risultati siano spesso a favore di una correlazione positiva tra questi due elementi, risalire alle sue cause non è scontato. A rendere ingarbugliata la vicenda c’è il fatto che ognuno degli studi ha utilizzato condizioni sperimentali, task, tempistiche e ambientazioni diverse, oltre ad aver misurato parametri diversi: dalla percezione soggettiva di varie emozioni, ai livelli di attenzione, fino a vere e proprie misurazioni corporee come la concentrazione di cortisolo nella saliva, lo stato del sistema immunitario, l’attività cardiaca o cerebrale.
Laddove i risultati differiscono parzialmente uno dall’altro, capire il perché di queste differenze è un rompicapo. È forse perché uno studio ha utilizzato soggetti donne e un altro soltanto uomini? O un gruppo di volontari scelti a caso invece che soggetti ansiosi/depressi? E poi: fa differenza testare gli effetti sulla riduzione dell’ansia del prato di un college e quelli di una foresta? Le misurazioni sono state fatte anche durante o soltanto dopo il task (da sedere o passeggiare in vari ambienti, ad attività più complesse) in questione? Senza contare che, purtroppo, non sempre questo tipo di studi è ben controllato o randomizzato. Per fare un esempio, in alcuni casi i vari soggetti di cui è stata analizzata la reazione fisiologica a diversi contesti (come potrebbero essere un bosco, la città e uno spazio al chiuso) erano stati esposti alle varie condizioni sempre nello stesso ordine, rendendo difficile osservare l’effetto “indipendente” di ogni contesto.
Un tentativo di mettere ordine in questa giungla lo trovate qui. L’articolo in questione è una metanalisi, cioè una pubblicazione in cui si confrontano tutti gli studi effettuati negli anni precedenti su un argomento e si cerca di estrarre la significatività statistica complessiva di ogni risultato, al netto delle problematiche di cui si diceva prima. Il messaggio conclusivo – per farla molto, molto breve – è che sì, a parità di attività, stare immersi nella natura piuttosto che in un ambiente urbanizzato qualcosa di buono all’umore lo fa, ma ancora non sappiamo bene il perché, e c’è comunque bisogno di studi meglio controllati.
Per parlarne, però, bisogna prima di tutto sapere che cos’è un CAVE (spoiler: è un ambiente immersivo per la realtà virtuale, costituito in pratica da uno stanzino sulle cui pareti vengono proiettate delle immagini in grado di cambiare in risposta ai movimenti dell’utente, il quale indossa occhiali 3D e cuffie), e in cosa consiste un Trier Social Stress Test, o TSST. Mai sentito? In breve, è un test psicologico che prevede l’esposizione a una serie di situazioni sociali potenzialmente stressanti. In un esperimento di TSST al partecipante viene prima detto che ha 5 minuti per prepararsi a un colloquio di lavoro di 5 minuti di durata e gli si forniscono penna e bloc notes, quindi le note gli vengono sottratte subito prima del colloquio, e infine il malcapitato si ritrova di fronte alla “commissione di esperti” che dovrà valutarlo. I commissari sono istruiti a non mostrare nessuna espressione facciale o reazione vocale alle sue parole: soltanto il membro più anziano parlerà in caso nel candidato si fermi prima del tempo, incitandolo a usare tutti i 5 minuti. Questa parte è poi seguita da altri 5 minuti di prova di aritmetica “a voce”, sempre davanti alla commissione: il partecipante deve contare all’indietro in step di 13 a partire da un numero casuale come 1022. Ogni volta che fa un errore deve ricominciare da capo. Anche in questo caso, i membri della commissione rimangono totalmente impassibili.
Come potete immaginare, lo scopo del TSST è quello di provocare uno stato di stress acuto nel partecipante, e questo può avere vari obiettivi. In particolare, nel nostro studio con il CAVE, in cui sia il TSST che la commissione sono virtuali, il TSST è usato come strumento per confrontare il potenziale di diverse esperienze “ristorative”, di 40 minuti di durata ognuna, a seguito di esso. I partecipanti allo studio sono infatti stati divisi in tre gruppi: per alcuni al TSST segue un periodo di permanenza nello stesso stanzino, in silenzio e con tutti i proiettori spenti, per un altro gruppo il CAVE si trasforma in una foresta virtuale le cui immagini sono proiettate sui muri, e per un terzo gruppo alle immagini della foresta si accompagnano anche i suoni della foresta (rumore d’acqua e canti di uccelli). I livelli di cortisolo nella saliva sono misurati a intervalli regolari, così come l’attività cardiaca e il respiro.
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Fonte: Scientificast.it
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non credo mi convinceranno mai che la "natura virtuale" sostituisca quella vera. Una passeggiata nei boschi o in montagna rilassa sicuramente, ma se mi mettono cuffie e occhiali 3D possono star certi che non ha lo stesso effetto
RispondiEliminaSicuramente, bisogna vivere la natura.
EliminaA me fa bene andare a passeggiare nei parchi vicino a casa, anche lungo il Naviglio,soprattutto ora che la natura comincia a risvegliarsi. Ho riscoperto persino il parco del mio piccolo paesucolo. Non ci andavo da anni ma è anch'esso bello. Saluti.
RispondiEliminaIl relax è garantito.
EliminaLa mia casa è lambita dai campi a poche decine di metri da una collina, sono quindi lieto di appartenere alla categoria dei "campestri".
RispondiEliminaQuindi sei immerso nel verde.
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