Articolo da Il sindacato è un'altra cosa
In questi giorni, in particolare nelle
regioni del nord, si sta creando una situazione di crescente
preoccupazione e agitazione, a volte di vero e proprio panico. Non
abbiamo elementi per valutare se quanto sta accadendo sia più o meno
motivato. È giusto che questo lo faccia chi ha le competenze necessarie.
Una cosa però pensiamo che vada detta. In
queste ore di emergenza, si sta chiedendo uno sforzo smisurato a
tantissime lavoratrici e lavoratori, anche precari. Primi tra tutti
quelli dei servizi pubblici, in particolare della sanità, sia che
abbiano contratti pubblici che privati o in appalto. Quegli stessi che
da anni subiscono i tagli delle risorse al sistema pubblico, la mancanza
di investimenti e di turn over, nonché l’odioso senso comune dei
‘furbetti del cartellino’. Quelle stesse persone sono oggi quelle che
stanno garantendo, in prima linea, la gestione dell’emergenza, con
professionalità e rigore.
Altrettanto tutte quelle lavoratrici e
lavoratori della grande distribuzione commerciale, presa d’assalto da
vere e proprie ondate di panico collettivo (queste si, apertamente
immotivate). Oppure le tante e tanti lavoratori delle ditte di appalto
delle pulizie e manutenzioni, obbligati a uno sforzo eccezionale per
garantire le sanificazioni industriali e dei luoghi pubblici. Sono gli
stessi che lavorano con salari da fame e da anni aspettano il rinnovo
contrattuale del settore dei multiservizi.
Così come tutte e tutti quelli i cui
posti di lavoro, anche nelle zone a rischio, hanno deciso di non
chiudere, perché la produzione ‘deve continuare’ sempre e comunque. O
chi sta usando le proprie ferie per sopperire alla mancanza di un chiaro
quadro di utilizzo degli ammortizzatori sociali. O chi, semplicemente,
non sa come organizzarsi con i figli tra servizi per l’infanzia e scuole
chiuse.
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Fonte: Il sindacato è un'altra cosa
Autore: Eliana Como
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Articolo tratto interamente da Il sindacato è un'altra cosa
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