giovedì 26 ottobre 2017

Ritorno al passato: gli Stati Uniti riabbracciano il carbone



Articolo da Tekneco

Ci aveva già provato in passato. Quando, in qualità di avvocato, aveva collaborato con lo stato americano dell’Oklahoma che, insieme ad altri 28 stati (perlopiù repubblicani), aveva chiesto alla Corte Suprema la sospensione del Clean Power Plan. Ma questa volta, Scott Pruitt, diventato nel frattempo capo dell’Agenzia per l’Ambiente (EPA) statunitense, pare proprio avercela fatta.
La guerra al carbone è finita”, ha dichiarato nei giorni scorsi difronte, non a caso, ad un pubblico di minatori riunitisi nella città di Hazard. Per la gioia del presidente Trump che può continuare a smantellare quelle poche misure climatiche difficilmente messe in piedi dal suo predecessore in 8 anni di mandato.

Il Clean Power Plan, fiore all’occhiello della battaglia climatica a stelle e strisce, era stato annunciato in occasione degli Accordi di Parigi proprio per sottolinearne l’importanza e la volontà degli USA di spingere sul fronte emissioni. Emissioni, che va ricordato, vedono gli Stati Uniti essere il responsabile numero 1 per la produzione di CO2 a livello globale, se consideriamo il periodo che va dalla rivoluzione industriale ad oggi.

La misura di Obama intendeva limitare le emissioni di anidride carbonica da parte delle centrali elettriche del 32% rispetto ai livelli del 2005, entro l’anno 2030. Di fianco, venivano concessi incentivi per agevolare gli stati nel processo di transizione che porta dai combustibili fossili alle rinnovabili. Agevolazioni, anch’esse, finite ora nel mirino della coppia Trump-Pruitt che non intende continuare con gli aiuti statali per lo sviluppo dei eolico-fotovoltaico.

La decisione, oltre ad essere in controtendenza con il resto del globo, appare difficile da comprende pure da un punto di vista prettamente economico.
Perché sono proprio i costi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ad essere in discesa sia negli Stati Uniti che in altre zone del mondo. E, anzi, come sottolinea uno studio Lazard di fine 2016, negli Stati Uniti se consideriamo i costi dell’elettricità per MWh generato, questi risultano già più bassi proprio per i progetti legati all’eolico e al fotovoltaico.
Se poi aggiungiamo i costi sociali, cioè quelli generati dalle industrie inquinanti – va ricordato che il carbone rappresenta il modo più “sporco” per produrre energia - che vengono scaricati sulla collettività sotto forma di inquinamento e, quindi, di perdita di benessere, allora la decisione risulta davvero anacronistica.

Perché, se ormai non è più una sorpresa la posizione del governo americano su “il cambiamento climatico è una bufala”, sembra impossibile credere alla scelta di voler puntare su tecnologie del passato, in grado di impattare negativamente sulla qualità delle nostre città, sull’aria che respiriamo, sulla salute delle persone.

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Fonte: 
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2 commenti:

  1. Che tragedia, pazzesco! Mi auguro che gli Stati Uniti non ci siano da esempio, purtroppo, troppo spesso, siamo dei pecoroni. Se l'Europa, tutta, fosse più coerente sia in campo politico-economico che in campo ecologico, forse si potrebbero dare delle lezioni di civiltà e magari gli altri ci seguirebbero a ruota. Discorso lungo. Certo è che Trump & C. non sanno nemmeno cosa voglia dire "perdita di benessere", e una parte degli Stati Uniti (quella che ad esempio ho visitato) è davvero fuori dal mondo, più di quello che crediamo.

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    1. Il mondo e la natura ha bisogno di rispetto, senza queste basi non abbiamo futuro.

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