Articolo da Roars
E’ vero che il governo Draghi aveva risolto il problema del precariato nell’università abolendo gli assegni di ricerca? E’ vero che la riforma Bernini del preruolo, quella adesso bloccata in parlamento, andrebbe in controtendenza rispetto agli obiettivi del PNRR? O è vero che il governo Draghi con il PNRR ha realizzato una precarizzazione senza precedenti del lavoro universitario? E soprattutto, che fine faranno gli attuali assegnisti e RTDA?
Gli interventi del governo Meloni sull’Università sono stati oggetto di dure polemiche e discussioni che si sono appuntate in primo luogo sulla riduzione del FFO, che la ministra Bernini continua a negare. L’altro elemento di accesa discussione è la riforma del pre-ruolo, nata da una bozza di progetto messo a punto da Ferruccio Resta, al tempo rettore del Politecnico di Milano, durante il suo mandato come presidente della CRUI. Adottato dalla ministra Bernini e adesso fermo in Parlamento anche a causa della opposizione degli interessati.
La discussione sul pre-ruolo e sulla precarizzazione ha portato all’attenzione pubblica un tema di norma ben nascosto sotto il tappeto.
A partire dalla Legge Gelmini le università italiane sono state sottoposte alla sistematica sostituzione di personale a tempo indeterminato, con personale a tempo determinato. Nel 2010 erano occupati a tempo indeterminato 57.449 professori ordinari, professori associati e ricercatori a tempo indeterminato (RTI) che rappresentavano l’81% del personale docente e ricercatore complessivo. Il restante 19% era rappresentato da 13.109 titolari di assegni di ricerca.
La legge Gelmini mise ad esaurimento gli RTI e li sostituì con due figure di ricercatori a tempo determinato: i ricercatori a tempo determinato di tipo A e di tipo B (RTDA e RTDB). La differenza tra le due figure consiste nel fatto che i RTDB, se in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, è garantito il passaggio al ruolo di associato a tempo indeterminato.
A partire dal 2010, la forbice tra personale a tempo indeterminato e personale a tempo determinato si allarga progressivamente: nel 2020 ci sono 46.245 ordinari/associati/RTI che rappresentano il 65% del personale. Gli assegnisti rappresentano il 22% del totale (15.849), gli RTDA sono il 7% (5.192) e gli RTDB il restante 6% (4.616).
La legge 79/2022 abolì RTDA, RTDB e assegni di ricerca, introducendo la figura del RTT (Ricercatore in Tenure Track) e il contratto di ricerca, entrambe figure molto più costose delle precedenti. La norma non prevedeva nessuno stanziamento aggiuntivo di risorse. I rettori preoccupati dei loro bilanci e principal investigator della sostenibilità dei loro laboratori premono sul governo. Ne segue la proroga delle figure previgenti. I fondi che arrivano alle università con il PNRR prevedono l’assunzione massiccia di personale precario, principalmente assegnisti e RTDA.
Ed è proprio il PNRR a determinare la crescita abnorme del numero di RTDA e soprattutto di assegni di ricerca. Per gli RTDA la crescita anomala avviene tra 2022 e 2023 con un aumento del 36% pari a 2.419 unità: da 6.803 a 9.222. Gli RTDA rappresentano l’8% del personale di ricerca.
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Fonte: Roars
Autore: Redazione ROARS
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Articolo tratto interamente da Roars
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