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Articolo da Sinistra in Europa
Nato a Napoli nel luglio del 1926, è deceduto all’età di 98 anni. Parlamentare per molti anni, responsabile nazionale della cultura per il PCI, è stato nella segreteria di Berlinguer.
Lo ricordiamo attraverso le parole di Norberto Natali*, storico dirigente del PCI romano.
Siamo stati fortunati ad aver avuto un compagno come Aldo Tortorella: ha onorato il nostro popolo, ha avuto una vita esemplare per limpidezza e rigore morale, possiamo dire che è un prototipo della futura umanità che i comunisti vogliono.
Era nato nel 1926, nel 1943 entrò nelle fila del Partito e della Resistenza, nelle SAP genovesi, col nome di battaglia di “Alessio”. Dopo la Liberazione è stato redattore e poi vicedirettore dell’edizione genovese de L’Unità, in seguito fu mandato a Milano, sempre a L’Unità, della quale divenne condirettore insieme a Mario Alicata e direttore. Dall’inizio degli anni ’60 fu eletto nel Comitato Centrale del Partito e nel 1964 Segretario della importantissima Federazione milanese (dopo il compagno Cossutta, se non erro) e successivamente divenne anche Segretario regionale della Lombardia.
Con l’arrivo del compagno Berlinguer alla guida del Partito, fu eletto deputato e assunse incarichi nazionali di direzione. Fu componente della Segreteria nazionale del P.C.I. e negli anni ’70 fu responsabile, in particolare, del lavoro culturale e del rapporto con gli intellettuali. Fu lui, per esempio, a organizzare un importante convegno nel 1977 di tutta la cultura italiana -appuntamento tanto significativo da doverne rinviare una illustrazione anche sbrigativa ad altra sede- il quale fu poi ridotto da certi giornali al convegno sulla “austerità”, definizione estrapolata dal discorso ben più ampio e lungimirante di chiusura del compagno Berlinguer.
Tortorella volle sempre sostenere con coerenza le posizioni del Segretario del Partito, tanto che -nei primi anni ’80- Berlinguer propose in Direzione di rieleggerlo nella Segreteria nazionale: a questa proposta, però, si opposero tutti quei compagni che non si erano ancora convinti (o che erano contrari) al nuovo indirizzo che il Segretario stava assumendo, più combattivo e deciso nell’opposizione e nelle lotte, tra questi vi erano anche i pochi accoliti di Napolitano.
Ci fu una situazione, abbastanza insolita nella storia del mezzo secolo precedente del P.C.I., di stallo che durò (se ben ricordo) due o tre mesi nei quali ripetutamente si contrapponevano i compagni che volevano Tortorella in Segreteria e quelli che erano perplessi o contrari. Dopo tale periodo fu Tortorella a chiedere convintamente a Berlinguer di ritirare quella proposta (come farebbero i politicanti odierni?) per sciogliere l’impasse e favorire l’unità, quindi non entrò più in Segreteria.
Successivamente (e tardivamente, secondo il mio modestissimo parere) si oppose attivamente contro il progetto di scioglimento del P.C.I. ma poi aderì al PDS, abbandonandolo pochi anni dopo, senza aderire più ad alcun partito e dedicandosi all’ANPI e all’attività culturale.
Di tutto questo si troverà ampia informazione oggi sulla rete e la stampa. Perciò mi limito a concludere con qualche aneddoto e una considerazione.
Siccome il P.C.I. era un partito diverso da tutti gli altri (anche da quelli attuali), lo era anche nei suoi aspetti più umani o interiori o morali e di costume. Il compagno Tortorella era molto distratto verso la propria utilitaria. Già qualche compagno della Vigilanza ha raccontato di come lui la lasciasse sempre aperta quando tornava a casa: così un barbone la prese come proprio dormitorio notturno. Una mattina Tortorella uscì da casa senza rendersi conto, partendo, che dietro c’era ancora quell’uomo che dormiva e parcheggiò presso le Botteghe Oscure ma si sentiva una puzza esagerata e lui non ne capiva il motivo: i compagni della Vigilanza scoprirono subito la causa, svegliarono il senza casa e lo riaccompagnarono.
Me ne hanno raccontata anche un’altra. Una sera uscì dalle Botteghe Oscure e vi ritornò dopo pochi minuti, chiedendo consiglio ai compagni della Vigilanza perchè la sua auto si metteva in moto regolarmente, il cambio funzionava normalmente eppure non partiva. Aveva parcheggiato a pochi passi dalla Direzione e i compagni videro subito che la sua auto era poggiata su alcune pile di mattoni: gli avevano rubato le ruote.
Conoscevo direttamente il compagno Tortorella e vorrei raccontare per la prima volta un episodio che mi riguarda (di almeno quarant’anni fa) di cui non sono testimone diretto ma ho ricevuto almeno un paio di versioni. Una fu di Marco Fumagalli (allora Segretario nazionale della FGCI) che mi confidò di aver ricevuto un bigliettino da Tortorella il quale auspicava che io divenissi “il capo dei giovani lavoratori italiani” e un’altra di alcuni altri dirigenti nazionali della FGCI (napoletani) i quali mi hanno ribadito anche due o tre anni fa di aver sentito Tortorella -alle Botteghe Oscure- dire che io dovevo essere addirittura “il Di Vittorio” dei giovani italiani.
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Fonte: Sinistra in Europa
Autore: redazione Sinistra in Europa
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Articolo tratto interamente da Sinistra in Europa
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