giovedì 10 ottobre 2024

Il ritorno di Manu Chao

Manu Chao Live at Princep Ghat 02 (cropped)


Articolo da OndaRock

Per chiunque abbia vissuto gli anni musicali a cavallo tra i due millenni fa stranissimo pensare che Manu Chao se ne sia stato fermo, perlomeno dal punto di vista produttivo, per ben 17 lunghi anni. Il suo melodiare amichevole e cosmopolita si è infatti imposto con gran forza nel nostro immaginario, e radio, televisioni e piattaforme streaming (anche lì i numeri del musicista nato in terra francese sono straordinari, specie pensando che si tratta di brani nati ben prima dell’avvento del metodo di fruizione) hanno continuato a tenerlo vivo. Solo un anno fa, ci pensava il disco della producer Sofia Kourtesis, con uno splendido remix di "Estación Esperanza", a ricordarci quanto fosse ancora contemporanea la proposta del pioniere (specie con i Mano Negra) latin alternative e quanto ne avessimo ancora bisogno. Dei suoni quanto dei messaggi.

Forse questi giorni di morti in mare e governi pericolosamente tendenti a destra hanno funto da richiamo per il menestrello multiculturale, che è dunque tornato con un "Viva Tu", che suona, come al suo solito, come un solidale abbraccio tra periferie dimenticate. Non sembra un caso che il disco si apra proprio con un brano intitolato "Vecinos en el mar", dove Manu ci ricorda come sarebbe naturale comportarsi con chi è più sfortunato:

Io tu abriré mi puerta
Como tu abrio comigo

Inizia così un disco che suona come un collage. Un mosaico di pezzi decisamente brevi, ai quali solo la scarsa durata e la fuggevolezza impediscono, forse, di ficcarsi in mente. Frammenti in cui c'è tutto il Manu Chao che conosciamo: i suadenti coretti femminili in francese ("La couleurs du temps"), i soffici tocchi elettronici a fare da tessuto nervoso alle canzoni ("Tu te vas"), la proverbiale punteggiatura di chitarra acustica ("Vecinos en el mar"), le schitarrate latineggianti (si pensi ai lampi flamenco della title track).
Nessuna addizione impensabile, tolto forse l'inserto country in compagnia di Willie Nelson "Heaven's Bad Day" e la più lunga e scenografica "Sao Paulo Motoboy". Altrimenti tutto come lo avevamo lasciato 17 anni fa, ma anche tutto delizioso e rassicurante.

Continua la lettura su OndaRock


Fonte: OndaRock 



Articolo tratto interamente da 
OndaRock



Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.