martedì 29 giugno 2021

Morire a 27 anni nei campi per 6 euro l'ora




Camara Fantamadi aveva 27 anni, veniva dal Mali e lavorava nei campi della Puglia per 6 euro l’ora, sotto il sole di questo giugno che ha anticipato una estate probabilmente torrida. Si è accasciato con la sua bicicletta, dopo una giornata a zappare, a bordo strada, sulla bretella che collega Brindisi a Tuturano. Lo ha trovato un’automobilista. Ogni soccorso è stato inutile. Il giovane era già morto. Un colpo di calore lo ha stroncato senza lasciargli alcuno scampo.

Camara viveva ad Eboli e si era trasferito in Puglia per continuare a lavorare anche nel periodo estivo. La sua famiglia in Mali ora vorrebbe poterlo seppellire nella sua città, ma servono molte migliaia di euro e così è partita una colletta per onorare almeno in questo modo, estremo e per niente consolante, la memoria di un giovane che per una trentina di euro al giorno stava sotto il sole per cinque, sei ore.

Il presidente della Puglia, Michele Emiliano, dopo quanto accaduto ha disposto che in tutto il territorio regionale non si lavori nei campi durante le ore più calde della giornata, a cavallo tra il mezzogiorno e le quattro del pomeriggio. Una misura di buonsenso, che forse poteva essere davvero pensata a monte, con l’arrivo della cosiddetta “bella stagione” che, per tutti i lavoratori agricoli, ha il sapore di uno sfruttamento aumentato a dismisura dalle condizioni disumane in cui sono costretti a svolgere le loro mansioni.

Picchia duro il sole sui campi, dove le paghe sono miserrime e dove non c’è praticamente il rispetto di alcuna regola che tuteli i braccianti da morti insensate come quelle di Camara. Non è la prima volta, ovviamente, che accade: abbiamo stigmatizzato in passato altri episodi del genere e tutte le volte abbiamo sentito dire, e noi stessi ci siamo detti e ripetuti, che quelle condizioni andavano cambiate e che si sarebbe dovuto intervenire nazionalmente in merito, con disposizioni contrattuali riconosciute da tutti i padroni di piccole, medie e grandi aziende agricole.

Invece, oltre al vergognoso fenomeno del caporalato, che elude i controlli, che spesso è tollerato con la formula ipocrita del “dare lavoro che altrimenti non si potrebbe dare” se si dovessero rispettare contratti e normative di legge a tutela sia del lavoratore sia dell’imprenditore, c’è tutta una vera e propria filiera dello sfruttamento che va dalla raccolta dei prodotti agricoli fino alla vendita e all’arrivo sulle nostre tavole.

Non si tratta di impostare una campagna di boicottaggio che, probabilmente, avrebbe un impatto negativo proprio sul comparto agricolo già fortemente indebolito dalla pandemia, divenuto un vero e proprio collocamento di mano d’opera a bassissimo costo, ma di ragionare invece su una ridefinizione veramente etico-ecomonica anzitutto del rapporto tra padrone e bracciante, merce e mercato.

I braccianti spesso, quando hanno il privilegio di avere tra le mani una busta paga, si ritrovano segnate solo 5 o 6 giornate di lavoro rispetto alle decine che ogni mese fanno per avere dei salari ridotti all’osso: pochi euro all’ora per loro e molta evasione fiscale per i padroni che non  pensano, oltre tutto, minimanente al fattore sicurezza. Figuriamoci al sole che picchia duro sulle teste di corpi ricurvi a cavare, piantare e tirare via dalla terra patate, pomodori, verdure di ogni tipo. Tutto questo non è soltanto eticamente deplorevole, è il quadro di una condizione schiavistica che non viene a cessare nel nostro meridione, ma pure in altre zone della Penisola, dove il lavoro agricolo sembra inseparabile da condizioni di ipersfruttamento.

C’è una dichiarazione che fa sobbalzare: forse per l’ingenuità che involontariamente esprime e che un esponente (quanto meno) di centrosinistra dovrebbe evitare. La dichiarazione è la seguente: «Il lavoro non può mai essere sfruttamento, deve essere rispettoso della dignità delle persone e garantire le condizioni di salute e sicurezza». Il sindaco di Brindisi ha ragione, ma tocca fare i pignoli, riprendere un po’ l’ABC non tanto engelsiano del comunismo quanto quello proprio della scoperta moderna di come funzioni il capitalismo…

Il lavoro salariato, dove esiste un rapporto di dipendenza dal cosidetto “datore” del medesimo, è sempre sfruttamento. Lo è per sua natura inequivocabile entro il sistema di produzione delle merci e dei profitti.

Articolo tratto interamente da la Sinistra quotidiana 


12 commenti:

  1. Come già scritto da me, vorrei sapere chi controllerà poi davvero che le norme vengano rispettate..

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  2. Col caldo che fa, come si può lavorare sotto il sole, tutto il giorno ?? Per pochi euro, poi . Ma , soldi a parte, è il caldo terribile !!! E' chiaro che succedono queste tragedie, se qualche cosa non cambia. Saluti.

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  3. Come al solito serve che qualcuno muoia per smuovere un po' la politica e l'opinione pubblica.
    Purtroppo, però, non credo che questa ordinanza servirà molto...

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    1. Troppi diritti negati, ma la cosa più brutta è vedere l'indifferenza davanti a tante tragedie.

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  4. Come già scritto altrove...
    La verità secondo me? A nessuno gliene frega niente.
    A chi fa leggi per tutelare l'immigrazione ma poi non si assicura che gli immigrati abbiano un lavoro sicuro che li inserisca socialmente: si accattivano voti, non amano davvero la politica e il servire il popolo.
    A chi si oppone al loro ingresso, andando contro la Costituzione e manipolando il malessere collettivo/sociale ("Prima gli italiani...").
    A chi è bravo ai "bla bla bla" come su tante questioni ma poi prosegue per la propria giornata perché "Tanto chi lo conosceva?", "In fondo non mi tange.", "Sarà un problema che risolveranno le nuove generazioni.", "A un palmo dal mio sedere non mi interessa quello che succede."

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  5. Una vergognosa realtà che si perpetua nella nostra italia.
    sinforosa

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