domenica 13 giugno 2021

Lavoratori, ma non schiavi


Articolo da La Fionda

In queste settimane (come ogni estate, a onor del vero) si susseguono le notizie sugli imprenditori che “non trovano lavoratori”. E questo – incredibilmente! – nonostante i milioni di disoccupati e le centinaia di migliaia di posti di lavoro persi solo l’anno scorso. Paradossale, no?

La colpa – a detta dei suddetti imprenditori, subito spalleggiati dalla coppia liberal-liberista Salvini-Meloni – sarebbe ovviamente del reddito di cittadinanza, reo di togliere ai giovani la voglia di lavorare e forse di allontanarli un po’ troppo dal contatto diretto con la durezza del vivere, come avrebbe detto Padoa-Schioppa. Perché uno dovrebbe andare a lavorare – ci ripetono i corifei della durezza del vivere – se può essere «pagato per starsene tutto il giorno sul divano» (formula che ci sentiamo ripetere ad nauseam da anni)?

Salvo poi scoprire che le “offerte di lavoro” in questione prevedono inequivocabilmente stipendi da fame, buste paghe false, orari infiniti. E questo quando le cose vanno bene. Proprio l’altro giorno Nicola Ferrelli, noto ristoratore milanese, ha denunciato lo “scandalo” dei giovani che prima di accettare il lavoro «ti chiedono quante ore devi fare, quanti soldi mi dai». Anche solo pretendere di sapere quanto si verrà pagati per svolgere un certo lavoro viene ormai considerato un sintomo dell’intrinseca svogliatezza dei giovani, che farebbero bene a «rimboccarsi le maniche» – come ha detto Tonio Anselmo, neoresponsabile CISL commercio, servizi, turismo – e a non fare troppe domande.

Insomma, più che la voglia di lavorare, ai giovani sembrerebbe mancare la voglia di fare gli schiavi. In questo senso, la “colpa” del reddito di cittadinanza sarebbe di alzare di poco l’asticella di quello che uno è disposto a subire semplicemente per sopravvivere e dunque di ridurre il bacino dell’esercito industriale di riserva: un fatto semplicemente inaccettabile per chi ha una concezione neoschiavistica dell’economia, in cui il lavoratore deve essere costretto dai morsi della fame ad accettare qualunque tipo di lavoro e qualunque salario gli venga offerto, come ai tempi del liberalismo ottocentesco.

E il bello è che non lo nascondono neanche. Proprio l’altro giorno l’ineffabile Salvini ha detto: «Molto semplicemente, se tu prendi 600 euro per stare a casa a guardare la televisione e ti offrono 600 euro per fare il cameriere… la soluzione la lascio intuire». Insomma, per Salvini sarebbe normale fare il cameriere, magari a tempo pieno, per 600 euro al mese (cioè per meno della soglia di povertà, oggi stabilita dall’ISTAT a 780 euro). Come si diceva, più che la voglia di lavorare, ai giovani sembrerebbe mancare la voglia di fare gli schiavi. E lo dimostra la vicenda della Sammontana, che ha avuto un’idea rivoluzionaria: offrire un contratto e un salario degni. E infatti si è vista sommergere da migliaia di domande di lavoro per 350 posti da stagionali. Ma pensa te!

L’aspetto più odioso di tutta questa vicenda, però, è l’idea – sottesa o esplicita – per cui questo non sarebbe il momento di fare troppo gli schizzinosi: il paese è in crisi e per far ripartire l’economia serve il “sacrificio” e “l’impegno” di tutti; in un secondo momento, una volta fatta ripartire la macchina, si potrà semmai tornare a parlare di diritti, retribuzioni degne e altri lussi che adesso non ci possiamo permettere.

Purtroppo, come ricordava Federico Caffè, si tratta di un artificio retorico che ha una lunga storia nel nostro paese: dall’appello, nell’immediato dopoguerra, a «ricostruire innanzitutto» fino alla “politica dei due tempi” (sacrifici oggi e contropartite domani) degli anni Settanta – peccato, diceva Caffè, che il secondo tempo non arrivava mai. È una logica contro cui Caffè si è battuto tutta la vita.

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Fonte: La Fionda


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Articolo tratto interamente da 
La Fionda


2 commenti:

  1. Fanno bene i giovani a non farsi più sfruttare da questi imprenditori che si arrichiscono sulle loro spalle.
    Per molti adulti con figli a carico, purtroppo, non c'è scelta, sebbene sia facile dire che bisogna combattere il sistema.

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    1. Tanti diritti sono caduti, adesso i lavoratori sono più ricattabili.

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