mercoledì 3 giugno 2020

Angela Davis: una vita di lotta per i diritti


Articolo da Filosofemme

«Angela Davis è un miracolo» commenta la scrittrice statunitense Alice Walker in una conversazione con Frank Barat, curatore della più recente raccolta di saggi di Davis dal titolo La libertà è una lotta costante (1). L’ammirazione estatica della scrittrice nel definire Angela Davis svela la complessità e l’indefinibilità della sua figura. Letteralmente, l’impossibilità di de-finirla, di chiuderla in confini. 
Angela Yvonne Davis è un’accademica e filosofa statunitense, implacabile attivista per i diritti civili e sociali.

Ha militato nel Black Panthers Party prima di abbandonarlo criticandone la struttura sessista, ed è stata due volte candidata per il Partito Comunista degli Stati Uniti. È una delle voci più autorevoli del femminismo nero degli anni ‘60 e ’70.

Nata a Birmingham, Alabama, nel 1944, e cresciuta sotto la segregazione razziale di Jim Crow, Angela Davis ha esperienza personale delle pesanti condizioni di oppressione in cui versavano i neri nel Sud degli Stati Uniti. Tra bombe, incendi dolosi e intimidazioni verbali o fisiche, la violenza nei loro confronti era sistematica e in gran parte impunita.

La segregazione alimentava nette disparità sociali: i bambini afroamericani frequentavano scuole riservate a loro, scarsamente sovvenzionate e vessate dalla povertà estrema degli studenti. Davis, la cui famiglia godeva di una maggiore sicurezza economica rispetto ad altre della stessa comunità, può spostarsi a New York per frequentare le scuole superiori e di lì iscriversi alla Brandeis University, in Massachusetts (2).

Dopo un periodo di studi filosofici alla Sorbonne e il rientro negli Stati Uniti, inizia a insegnare alla UCLA e a militare in movimenti politici per la liberazione dei neri, per i diritti delle donne, quelli della working class e per i diritti dei detenuti in carcere.

Per le sue idee rivoluzionarie dichiaratamente marxiste, antirazziste e femministe, all’inizio del suo operato da attivista Angela Davis riceve minacce di morte quotidiane, fino a comparire nella lista dei più ricercati dell’FBI perché sospetta di complicità nell’omicidio di un giudice. Viene infine arrestata e incarcerata per sedici mesi

Nel periodo di reclusione, Davis prepara personalmente i discorsi di difesa che dovrà pronunciare in tribunale. Per smascherare la violenza istituzionale sistematica nei confronti degli afroamericani, dedica le sue ore di studio in carcere a uno dei temi che saranno centrali per gli sviluppi della sua teoria: la ricostruzione storica del ruolo della donna nera nella società schiavista contro i falsi miti della non-ribellione femminile e del matriarcato nero. Si tratta del primo reale tentativo di leggere questo periodo storico in chiave femminista, che pone anche le basi per una denuncia dell’eredità razzista che esso ha consegnato al presente.

Nel febbraio del ’72 viene scarcerata su cauzione e nel giugno dello stesso anno, quando ormai il suo caso ha attirato un interesse internazionale, viene assolta da tutte le accuse.

A questo palese tentativo di frenare la sua attività, Angela Davis risponde conducendo le sue battaglie con forza rinnovata, combattendo per la reale libertà della comunità afroamericana e di tutte le donne.

È una lotta che si gioca su due fronti: su quello intellettuale e su quello pratico. Secondo Davis, teoria e prassi non solo sono conciliabili ma anche interdipendenti, e gli ideali filosofici per una società più giusta sono sterili se non poggiano su concreti atti politici di resistenza contro istituzioni e pratiche oppressive (3).

La libertà è un processo, e considerarlo concluso è il primo passo per metterla a rischio. Davis ricorda che i diritti civili e politici conquistati dai neri con tanto sforzo non garantiscono alcuna sicurezza se non vengono affiancati da solidi diritti economici e sociali.

Il diritto di voto, per esempio, non era davvero accessibile a tutti. Esso era impossibile da esercitare per le persone analfabete, e la concessione della tessera elettorale poteva essere negata tout court su base razziale, come era accaduto alla stessa Davis ventunenne (4). Molti afroamericani, senza possibilità di istruzione e senza tutela da pratiche razziste, venivano così esclusi dell’effettiva opportunità di decidere delle sorti politiche del Paese

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Fonte: Filosofemme

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Articolo tratto interamente da 
Filosofemme


8 commenti:

  1. Grande intellettuale di sinistra (vera) statunitense, che ha sempre lottato per le cause giuste (dalla parte del torto, per dirla come il manifesto.

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  2. Un mito per la mia generazione e un esempio per tutti. Ricordo ancora i manifesti col suo volto sulle strade italiane nei primi anni '70. Buona Giornata a Te.

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