venerdì 5 maggio 2017

Il vergognoso negazionismo della Turchia sul genocidio armeno




Articolo da Voci Globali

[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di Sossie Kasbarian pubblicato su The Conversation]

Il 24 aprile ha segnato l’anniversario dell’inizio del genocidio armeno, durante il quale per mano dell’Impero ottomano vennero massacrati 1,5 milioni di armeni. Tuttavia, anche se il genocidio è avvenuto 102 anni fa, in un certo senso non si è mai concluso poiché lo Stato turco, erede dell’Impero ottomano, ha intrapreso un progetto di negazionismo – l’ultima fase del genocidio.

Ciò continua a sovvertire e a ostacolare sia i ricordi dei sopravvissuti che le rivendicazioni dei loro discendenti, sparsi in tutto il mondo. Tale negazionismo sta alle fondamenta dello Stato turco, rappresenta il pilastro della politica estera di questa nazione ed è stato esteso attraverso vere e proprie campagne internazionali.

Attualmente solo 23 nazioni riconoscono ufficialmente il genocidio armeno e questo rispecchia il ruolo della Turchia dal punto di vista geopolitico: un alleato importante per la NATO e un attore sulla scena mondiale a cui la maggior parte della comunità internazionale non vuole contrapporsi. Quando una nazione riconosce il genocidio avvenuto in Armenia, la Turchia reagisce rapidamente rompendo qualsiasi legame diplomatico, stracciando i trattati commerciali ed emettendo denunce e minacce severe.


L’ultimo episodio derivato da questo atteggiamento è stata la risposta a “The Promise, il primo film hollywoodiano che tratta il genocidio armeno uscito di recente negli Stati Uniti. Nonostante fino ad ora questo film sia stato mostrato al pubblico di festival di minore importanza, ha ricevuto molti giudizi negativi in Rete, a quanto pare grazie ad una campagna creata dai negazionisti turchi. Nel frattempo alcuni finanziatori turchi hanno appoggiato la produzione del film “The Ottoman Lieutenant, ambientato nello stesso periodo di “The Promise”, pellicola ridicolizzata dai critici e bollata come “propaganda turca“.

Ci si può chiedere – e a ragione – perché riconoscere un genocidio che è avvenuto più di un secolo fa rappresenti tuttora una questione così controversa. Tutti gli Stati hanno alle loro spalle una storia fatta di violenza e di “amnesia collettiva” perché le nazioni sono riluttanti ad affrontare il proprio passato violento o ad ammettere di aver preso parte ad azioni criminali e ingiustizie. È sempre doloroso dover trattare con eventi storici tutt’altro che gloriosi, sia simbolicamente (come l’apologia degli Stati Uniti ai Nativi americani del 2009) che materialmente (come il risarcimento e le restituzioni dei tedeschi alle vittime dell’Olocausto).

Mentre i tentativi dello Stato turco nel corso dei decenni hanno utilizzato diverse retoriche e approcci, il negazionismo è rimasto inalterato. Secondo l’articolo 301 del Codice penale turco, cittadini ma anche luminari della cultura possono essere perseguitati per aver “insultato” la nazione o lo Stato turco o “disonorato” la Repubblica citando il genocidio armeno. Il negazionismo viene perseguito a tutti i costi.

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Fonte: Voci Globali


Autore: Sossie Kasbarian pubblicato su The Conversation - tradotto per Voci Globali da Benedetta Monti


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Articolo tratto interamente da Voci Globali


6 commenti:

  1. Caro Vincenzo, una macchia che nessuno potrà mai cancellare.
    Ciao e buon pomeriggio con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  2. Il negazionismo sembra diventato lo sport preferito. E negare le responsabilità uno dei peggiori difetti umani...

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  3. Nessuno epr queste ancora ha ammesso le proprie responsabilità che vergogna

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