martedì 16 maggio 2017
La sporca guerra per il coltan
Articolo da Vulcano Statale
Il lago Kivu, al confine tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda ne ha viste tante. Non solo è stato protagonista di un’eruzione di tipo limnico, una catastrofe naturale nella quale il diossido di carbonio in soluzione erutta improvvisamente dalle acque profonde del lago, soffocando la fauna e la flora selvatica, il bestiame e gli esseri umani. Non solo, nel 1994 i corpi galleggianti delle vittime del genocidio ruandese lo hanno reso tristemente famoso. Poi, dal 2004, nelle regioni orientali del Congo, che prendono il nome dal medesimo lago, si combatte un conflitto che sembra esistere da sempre.
La columbite-tantalite non è la cosa più preziosa che si trova in questa terra benedetta dalla natura, non dalla storia. Oro, diamanti, rame, cobalto e zinco rendono straordinariamente ricco il secondo paese più grande del continente dopo l’Algeria. Non a caso, un proverbio congolese dice che quando Dio, o chi per lui, ha creato il mondo aveva sulla testa un secchio pieno di cose preziose e poi, quando è arrivato in cima al Kilimangiaro, il secchio è caduto sul Congo.
Eppure negli ultimi anni, il coltan, come è chiamata da tutti la miscela di columbite e tantalite in Africa, ha ricevuto un’attenzione inaspettata da parte dei media internazionali, che l’hanno indicata come la causa principale delle atrocità di massa che inquietano, ormai da tempo, la vita di questo paese. Il coltan ha un’importanza strategica ed economica immensa. Esso, infatti, è contenuto in piccole quantità nei più comuni dispositivi elettronici: dai telefoni cellulari ai computer, passando per le consolle da gioco. Grazie alla sua capacità di ottimizzare il consumo di energia elettrica, esso permette una maggiore durata delle batterie degli apparecchi tecnologici.
Il suo utilizzo, però, riguarda anche settori industriali molto diversi da quello dell’alta tecnologia: da quello automobilistico dove è utilizzato nella costruzione degli airbag, passando per quello chimico, quello delle costruzioni, quello medico (è contenuto nei pacemaker), fino ad arrivare a quello aerospaziale, che lo impiega per fabbricare i motori dei jet. Il primo boom di coltan si è verificato all’inizio degli anni 2000, quelli della digitalizzazione, un’epoca nella quale l’entusiasmo legato al possesso di un cellulare e alle infinite possibilità che improvvisamente ne derivarono ci tolse ogni dubbio sulla sua produzione.
Prima di allora pochi avevano fatto caso a questo minerale che assomiglia a sabbia nera. In quegli anni però, il picco dei prezzi sui mercati internazionali è stato un’autentica iniezione di adrenalina per l’industria estrattiva congolese, che ha alimentato le speranze dei congolesi, attratti dalle storie di presunti minatori diventati ricchi. La prospettiva non ha comunque pacificato il paese, già stremato dal colonialismo belga, dall’instabilità politica post-coloniale, dall’uccisione brutale del suo leader più promettente – Patrice Lumumba, il padre del Congo indipendente, assassinato e poi consacrato eroe nazionale dai suoi boia – dalla dittatura trentennale che gli aveva dato un altro nome (Zaire), da un sistema istituzionale corrotto e inefficiente, dalla cattiva gestione delle risorse naturali ed economiche. A questo scenario poco promettente da 13 anni si è aggiunta anche la guerra civile.
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Fonte: Vulcano Statale
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Articolo tratto interamente da Vulcano Statale
Photo credit MONUSCO Photos (Photo of the Day, 11 February 2014) [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons
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