sabato 15 febbraio 2014

Le guerre delle materie prime

Oil blood tank cropped

Articolo da Eddyburg.it


di Giorgio Nebbia  

Ogni volta che qualche paese meno noto si affaccia nelle pagine dei giornali e nelle cronache televisive  potete stare certi che “dietro” c’è qualche materia che i grandi paesi industriali vogliono controllare.

Le guerre per le materie prime non sono certo nuove; gli antichi mercanti, quando trovavano dei venditori riottosi o avidi, non hanno mai esitato a conquistare con la forza le merci o le materie desiderate. La distruzione di Sodoma e Gomorra, le città divenute ricche per il loro monopolio nella produzione e nel commercio del sale, corrisponde probabilmente a un episodio di una delle tante guerre per le materie prime nell'antichità.

E' tutta da scrivere una storia dell'umanità basata sulla violenza per conquiste geografiche: soprattutto con l'inizio della rivoluzione industriale del 1800 è facile riconoscere le guerre per la conquista dei giacimenti di nitrati nel Cile (la lunga guerra fra Cile, Bolivia e Perù, sobillata dagli europei); per la conquista della parte dell'Amazzonia ricca di alberi della gomma; quelle per mettere fine al monopolio siciliano dello zolfo; per i giacimenti dei fosfati, eccetera. Molte manifestazioni dell'imperialismo hanno le loro radici nella conquista di giacimenti di materiali preziosi: la guerra per i giacimenti di ferro della Lorena, la spinta nazista alla conquista del petrolio russo, la spinta giapponese alla conquista della gomma in Malesia, eccetera.

La seconda guerra mondiale, combattuta fra i paesi industriali, aveva mostrato che una guerra moderna si poteva vincere soltanto con il possesso di materiali strategici, in gran parte presenti nei paesi coloniali: ai vecchi materiali --- petrolio, gomma, ferro --- se ne aggiunsero altri come cromo, vanadio, uranio, semi oleosi, ecc. I paesi coloniali, a mano a mano che si sono resi conto dell'importanza dei rispettivi territori e delle loro risorse, hanno cominciato a esigere la liberazione dalla condizione coloniale, considerata non soltanto una oppressione dei diritti umani fondamentali, ma anche come una occasione per rapinare gratis i materiali indispensabili per i vecchi e nuovi imperi.

Con l'indipendenza, molti nuovi stati si sono trovati padroni, finalmente delle "proprie" materie prime strategiche, in grado di chiedere per esse prezzi equi. I paesi industriali, da parte loro, hanno incoraggiato guerre locali --- si pensi alla guerra del Congo/Zaire/Katanga --- per assicurarsi cromo, cobalto, uranio. Ma la conquista delle materie prime non richiedeva, necessariamente, delle guerre: ai paesi industriali bastava insediare dei governi fantoccio, assicurarsi il monopolio della vendita di macchinari, capitali, armi, infrastrutture, bastava "educare" i cittadini dei paesi ex-coloniali nelle scuole e università occidentali per farne degli amici. Questi rapporti cripto-coloniali assicuravano comunque ai due imperi --- capitalistico e comunista --- merci e materie a basso prezzo. Fino a quando i paesi del "terzo mondo", come li aveva chiamati il geografo Sauvy, non hanno cominciato a organizzarsi per attenuare le molte iniquità.
 
Le guerre recenti delle materie prime sono cominciate, dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1951 quando Mossadeq in Iran depose lo shah e procedette alla nazionalizzazione del petrolio, un pessimo segno per le multinazionali che risposero col colpo di stato del 1953. Il governo fantoccio dello shah tornò al potere, rimettendo "ordine imperiale" nei rapporti fra l'Iran e le multinazionali petrolifere, le "sette sorelle", senza contare che quel gesto di prepotenza avrebbe innescato un irreversibile processo di crisi del potere economico dell’Occidente. Infatti come risposta il 19 luglio 1955, Nasser, Nehru, Chu En-Lai e Sukarno si riunirono a Bandung gettando le basi di un accordo fra paesi non allineati, ormai in numero sufficiente per poter contare nell'assemblea delle Nazioni Unite.

Nel 1956, nell'ambito di questo ordine mondiale alternativo, fu nazionalizzato il Canale di Suez, un altro segno della ribellione dei paesi in via di sviluppo; un intervento armato di Francia e Inghilterra fu evitato per l'intervento del presidente degli Stati Uniti Eisenhower che ristabilì l'ordine, apparentemente in modo così saldo da indurre le multinazionali addirittura a imporre una diminuzione del prezzo del petrolio greggio. A questa iniziativa i paesi esportatori di petrolio risposero creando, nel 1960, una organizzazione, l'OPEC, col proposito di regolare produzione e prezzi in modo da attenuare lo strapotere delle "sette sorelle" del petrolio.
 
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Fonte: Eddyburg.it

Autore: Giorgio Nebbia  

Licenza: Copyleft


Articolo tratto interamente da Eddyburg.it

Photo credit This image was originally posted to Flickr as oil + blood =. (Wikimedia Commons) [CC-BY-2.0, CC-BY-2.0 or CC-BY-2.0], via Wikimedia Commons
 
 

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