martedì 8 ottobre 2024

Il Ddl sicurezza contiene un attacco al diritto di protesta



Articolo da CILD

Il 18 settembre il ddl sicurezza presentato pochi mesi fa dal governo Meloni è stato approvato dalla Camera dei Deputati, adesso dovrà essere esaminato al Senato.

All’interno di questo decreto, definito da Antigone  “il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana”, vi è l’introduzione di una trentina tra nuovi reati, aggravanti, sanzioni e ampliamenti di pena, come riporta Carlo Canepa su Pagella Politica. Il 25 settembre si sono tenute davanti al Senato e di fronte alle prefetture di varie città italiane le prime manifestazioni in dissenso verso i provvedimenti contenuti nel Ddl 1660, a cui hanno partecipato i partiti di opposizione e diverse associazioni.

È con misure di welfare comunale e di dialogo sociale, non criminalizzando le persone che un Governo dovrebbe agire di fronte a comportamenti che affondano le proprie radici nella disuguaglianza sociale ed economica, aveva detto il Presidente di Antigone Patrizio Gonnella durante l’audizione sul Ddl 1660 alla Camera dello scorso 17 maggio.

“Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva, securitaria e concentrazionaria: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione”, dichiaravano le associazioni ASGI e Antigone nell’introduzione al documento presentato ai parlamentari della Commissione Giustizia e Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

In seguito all’approvazione della Camera Antigone ha dichiarato, “il Ddl sicurezza contiene un attacco al diritto di protesta come mai accaduto nella storia repubblicana, portando all’introduzione di una serie di nuovi reati con pene draconiane anche laddove le proteste siano pacifiche. Così si colpiranno gli attivisti che protestano per sensibilizzare sul cambiamento climatico, gli studenti che chiederanno condizioni più dignitose per i propri istituti scolastici, lavoratori che protestano contro il proprio licenziamento, persone detenute che in carcere protestano contro il sovraffollamento delle proprie celle. Se consideriamo anche altri provvedimenti contenuti nel disegno di legge, il carcere per le donne incinte e le madri con figli neonati, la stretta sulla cannabis light, il carcere per chi occupa un’abitazione, si vede bene come il governo abbia deciso con questo provvedimento di voler gestire numerose questioni sociali nella maniera più illiberale possibile, cioè reprimendole con l’utilizzo del sistema penale e del carcere anziché aprirsi al dialogo e all’ascolto, intervenendo al contempo con risorse finanziarie per alleviare le problematiche che attanagliano i cittadini, che è ciò che ci si aspetterebbe in una democrazia con un forte stato di diritto.”

Sempre Antigone ha sottolineato come alcune delle nuove misure – si pensi alla rivolta violenta in carcere o ai blocchi stradali – potevano già essere perseguite con reati esistenti.

Il fatto di voler creare nuove fattispecie, ancor prima che una questione penale è una questione culturale: il governo con questo atto legislativo vuole orientare come prioritario l’impegno delle forze dell’ordine sulla repressione delle proteste e delle altre fattispecie previste nel disegno di legge. Vuole segnalare che questi (e non altri) sono “i problemi” del paese, attivisti climatici o lavoratori a rischio licenziamento che bloccano una strada, persone detenute che protestano pacificamente contro le condizioni spesso poco dignitose in cui vivono, affrontandoli con lo strumento penale.

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Fonte: CILD


Autore: 
Marco Biondi

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Articolo tratto interamente da Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD)


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