domenica 14 agosto 2016
La decrescita italiana
Articolo da Altrenotizie.org
Non fossero stati sufficientemente chiari i dati diffusi la settimana scorsa sul crollo della produzione industriale, sul calo dell’export e sull'aumento della deflazione, arriva ora il report dell’Istat che analizza il trimestre dell’economia italiana. Le conclusioni sono nette: crescita zero della nostra economia, come non si registrava dal 2014. A fornire un ulteriore motivo d’inquietudine arriva poi l’aumento del deficit e del debito pubblico, logica conseguenza della contrazione del PIL. Il che, com'è ovvio, non favorisce certo la trattativa sulla possibilità di sforare il differenziale massimo del 3% tra deficit e PIL, previsto da Maastricht.
Per quanto la propaganda di Palazzo Chigi abbia cercato di spiegare i dati della produzione industriale come elementi congiunturali, la condizione generale dell’economia italiana riassunta nell’elaborazione del trimestre di riferimento propone un quadro generale tutt'altro che lusinghiero. L’analisi sui nostri conti è poi anor più preoccupante se misurata con quella registrata nell’eurozona, dove il segno della crescita, pur non impetuosa, appare però consolidato da due anni.
La battaglia in sede europea si complica. Non è questione di decimali: indipendentemente dall’urgenza di proporre un’attenuazione decisa del rigorismo monetarista da parte di Bruxelles, ad oggi, per quanto riguarda i conti italiani, la trattativa è in salita. Diventa agevole, per gli euroburocrati, sostenere che non vi sono le condizioni per ritenere che una maggiore flessibilità sui bilanci (pure indispensabile) possa favorire, di per sé stessa, un sensibile miglioramento della condizione generale di una economia come quell italiana, privata di interventi strutturali.
Ora, a meno di non voler considerare anche i numeri come gufi antigovernativi, si può serenamente affermare che i dati diffusi in questi giorni indicano una oggettiva difficoltà per la sempre ipotizzata e mai avvenuta ripresa economica italiana. Emerge semmai, con evidenza difficile da contestare, proprio l’assenza di una strategia per le politiche economiche e sociali finalizzata alla ripresa.
Nessuna politica industriale degna di tal nome è stata implementata, solo atteggiamenti punitivi per lavoratori e sindacati; nessun ragionamento sulla razionalizzazione della spesa, solo interventi di contrazione della stessa con riduzione delle prestazioni ed aumento degli oneri. Nessuna politica di aggressione alla povertà ed al disagio sociale, nessun intervento teso a ripristinare un quadro pensionistico certo e in linea con le attese; meno che mai iniziative sul tema salariale, ormai di drammatica rilevanza. E' assente un'idea generale dell'Italia, dei suoi problemi e delle sue risorse.
Ci sono stati solo interventi di tipo elettoralistico, come quello sul Jobs Act, gli 80 Euro o l’abolizione delle imposte sulla prima casa, che sono apparsi come provvedimenti non solo congiunturali ma sbagliati. Perché destinati alla porzione di popolazione che meno ne necessitava, a fronte dell’immobilismo assoluto verso la fasce più deboli, rimaste così estranee alla ripresa dei consumi. Il che non ha certo aiutato la domanda interna, rimandando sine die l’appuntamento con l’innesco di un ciclo virtuoso che può riaprirsi solo con un intervento strutturale sulle grandi leve economiche e sociali del Paese.
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Fonte: Altrenotizie.org
Autore: Fabrizio Casari
Licenza: Creative Commons (non specificata la versione)
Articolo tratto interamente da Altrenotizie.org
1 commento:
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Cedo, caro Vincenzo, che va di male, in peggio!!!
RispondiEliminaBuona domenica dell'Immacolata caro amico.
Tomaso