giovedì 18 agosto 2016

Messico: la rivolta degli insegnanti


Articolo da Unimondo

Una nuova, massiccia, mobilitazione ha occupato le vie di Città del Messico e delle altre principali città del paese lo scorso 3 agosto. Si è trattato di una manifestazione degli insegnanti della CNTE Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación, da mesi in lotta contro la riforma educativa del governo di Enrique Peña Nieto. Marcatamente neoliberista, il governo di Peña Nieto, nell’ambito delle sue “riforme strutturali” che hanno già coinvolto tra gli altri i settori energetico e delle telecomunicazioni, non poteva esimersi dal mettere le mani su un altro settore strategico come quello educativo.

La riforma educativa di Peña Nieto era in gestazione già dal 2013, ma solo quest’anno ne è stata accelerata l’attuazione. La riforma, tra le altre cose, prevede nuovi criteri per la selezione del corpo docente ed una maggiore autonomia degli istituti. Tale autonomia va letta nell’ottica di ulteriori tagli all’istruzione, in un paese in cui le differenze tra scuole pubbliche e private sono già abissali, con istituti pubblici che nelle zone più povere del paese restano completamente abbandonati a sé stessi ed alla buona volontà dei e delle maestr@s. Altro punto cruciale di discordia è quello del processo di valutazione dei maestri che, colpiti nel vivo, lo ritengono esclusivamente uno strumento autoritario di controllo del loro operato. A questo proposito va ricordato come in Messico il potere governativo non veda di buon occhio un certo tipo di orientamento pedagogico: molti degli insegnanti che aderiscono alla CNTE, ed in particolare alla sua combattiva sezione 22, sono ispirati nel loro operato dai principi dell’educazione popolare, da Freire e dalla pedagogia degli oppressi. Quanto accaduto nel 2014 alla scuola normale rurale di Ayotzinapa, 43 studenti desaparecidos nel nulla senza ancora nessun colpevole, va letto in quest’ottica repressiva nei confronti di un certo tipo di educazione. Ad Ayotzinapa infatti, così come in altre scuole rurali, gli studenti provengono dalle più basse classi sociali e si preparano a diventare maestri elementari nelle zone più svantaggiate del paese. Il fatto che le classi meno abbienti possano accedere ad un’educazione di qualità e politicamente orientata è visto dal governo messicano come una minaccia. Meglio dunque attuare una riforma educativa mascherando gli intenti repressivi e di controllo sotto una patina di equità e modernità, meglio far credere all’opinione pubblica che la valutazione dei docenti è tutta nell’interesse degli studenti e delle loro famiglie, quando invece la verità è un’altra. L’autoritarismo istituzionale si riverbera in un aspetto più di fondo: un’educazione standardizzata ed imposta dall’alto in un paese come il Messico è già di per sé problematica, vista la ricchezza di lingue, culture, popoli indigeni con cosmovisioni differenti, che invece secondo questa visione centralista devono essere assimilati ad un unico sapere ufficiale, impartito con metodi pedagogici tradizionali.

Di fronte alle legittime proteste del corpo docente, al quale presto si sono unite associazioni di genitori, universitari, movimenti sociali, zapatisti, semplici cittadini e cittadine che vedono in questa lotta la difesa di una visione della società più equa, la repressione del governo messicano è stata, come già in altri casi, brutale. I fatti di giugno avvenuti a Nochixtlán, San Pablo Huitzo e nella città di Oaxaca, tutte località situate nello stato di Oaxaca, parlano di otto morti ammazzati da proiettili sparati dalle forze dell’ordine, oltre a 22 desaparecidos, 45 feriti da proiettili sparati ad altezza uomo durante le manifestazioni, oltre ad un numero imprecisato di detenzioni arbitrarie. La lotta dei maestri, come accennato, si è poi estesa a vari altri stati, tra cui il contiguo Chiapas: anche qui la protesta è stata oggetto di ingiustificata repressione violenta da parte delle forze governative in chiara collaborazione con un gruppo di circa 300 civili armati, secondo quanto riportato da varie associazioni per i diritti umani.

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Fonte: Unimondo

Autore: 
Michela Giovannini

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Unimondo.org




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