mercoledì 11 dicembre 2013

Decolonizzare la mente


Articolo da Voci Globali


Colonizzazione: siamo troppo abituati a pensarla in termini di storia del passato, di storia che riguarda certi territori e certi popoli. Di spazi e luoghi. Troppo adagiati in quello che abbiamo imparato da documentari, libri, articoli di giornale per riflettere sull’altro modello di colonizzazione, quella che riguarda la mente. Una colonizzazione invadente e silenziosa di cui nella maggior parte dei casi non siamo consapevoli.

È quella che ci rende incapaci di pensare in modo differente, che schiavizza le nostre scelte e necessità, che indirizza i nostri desideri. Che ci fa desiderare, appunto, quello che tutti desiderano. È il conformismo di un unico sistema, una linea continua dal termine capitalismo al termine globalizzazione. Dove il paradosso sta nel globalizzare (rendere agevole) il movimento di merci e capitali ma nel controllare, sempre più, lo spostamento delle persone.

È il conformismo che ha generato il pensiero unico che aliena la diversità e che provoca panico nell’incontrarla. E in questo termine diversità va messo tutto: l’economia, la scuola, la famiglia, la sessualità. Tutte quelle scelte differenti che vorremmo fare – che sentiamo di dover fare – ma che ci sembrano troppo lontane dalla norma. Così poco rassicuranti rispetto a quando già previsto.

Ed è anche il conformismo di chi “usa” gli errori e il dramma della passata colonizzazione politica e dei territori per non farsi responsabile della propria vita. Come chi – nel continente africano per esempio – continua a contare unicamente sugli aiuti allo sviluppo per migliorare l’economia e il welfare del Paese o, a livello di singoli individui, chi continua a “incolpare” la colonizzazione se è povero e non riesce a trovare un lavoro o i mezzi per sopravvivere.

La colonizzazione della mente gioca brutti scherzi, ci fa pensare e agire per schemi e teorie. Ci fa rimanere immobili. O affondare in acque torbide. Come liberarsi da tutto questo? Il Buddha esortava così i suoi discepoli: diventate padroni (o maestri) della vostra mente e non lasciate che la mente diventi la vostra padrona. Che è poi la strada per la libertà, diventare eretici, nel senso etimologico del termine – haeretĭcus, αἱρετικός, “che sceglie”.

Ci vengono proprio dall’Africa i richiami più appassionati – e motivati – a liberarsi dalle catene della colonizzazione mentale. E a scegliere nuove strade. “L’arma più potente nelle mani degli oppressori è la mente degli oppressi” diceva Steve Biko.

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Fonte: Voci Globali


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Articolo tratto interamente da Voci Globali

2 commenti:

  1. Grazie di questa segnalazione, è sempre più difficile capire cosa desideriamo davvero e cosa in realtà è solo una suggestione dall'esterno. Nel dubbio meglio negarsi tutto ciò che non è strettamente indispensabile ;)

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  2. Ed è dalla mente degli oppressi che nascerà la rivoluzione, aggiungo io. Uno dei tuoi post che preferisco, visto che lotto per la libertà praticamente da quando sono nata, dentro una guerriglia. BUON NATALE !

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