giovedì 12 luglio 2012
Palestina: Freedom Theatre di Jenin, il teatro continua la sua resistenza
Articolo da Osservatorio Iraq
Non c’è pace per il Freedom Theatre di Jenin. Quello spazio “in cui giovani e bambini possono riversare le conseguenze dannose di decenni di occupazione militare e discriminazione”, come lo definiscono i suoi stessi animatori, sembra proprio non debba avere il diritto di continuare a esistere, lavorare e lottare.
Non bastava l’assassinio di Juliano Mer-Khamis, l’ideatore del teatro e sua colonna portante per anni, ucciso nel campo profughi di Jenin il 4 aprile 2011 in un attentato misterioso, per il quale ancora si attende di fare chiarezza e avere giustizia.
Da 30 giorni Nabil Al-Raee - l’uomo che coraggiosamente ha colmato il vuoto lasciato da Juliano alla direzione artistica del teatro - si trova in un carcere israeliano senza sapere il perché. La notte del 6 giugno scorso, senza alcuna spiegazione, soldati dell’esercito israeliano hanno fatto irruzione nella sua casa e lo hanno “prelevato”.
Inizialmente accusato di “essere in possesso di informazioni relative all’assassinio di Juliano”, le autorità israeliane lo hanno poi trattenuto perché “coinvolto in attività terroristiche”, come riferisce lo stesso Freedom Theatre in un comunicato stampa.
Nonostante il giudice, nel corso dell’ultima udienza, abbia chiaramente stabilito che Nabil “non è colpevole di alcun crimine”, il suo arresto è stato comunque prorogato, e nuovi capi d’accusa sono stati presentati il 2 luglio: Nabil, adesso, sarebbe colpevole di aver “aiutato una persona ricercata”.
E non bastava neanche il suo arresto: la preziosa struttura che resiste - nel solco tracciato da Arna Mer, madre di Juliano, con lo “Stone Theatre” – sembra debba essere fermata.
Non possono conoscere tregua i vicoli del campo di Jenin, piagati dalla violenza degli anni duri della Seconda Intifada, ne’ i suoi giovani, rinchiusi in decenni di occupazione militare.
Perché anche Zakaria Zubeidi, co-fondatore del Teatro e tra i pochi “bambini di Arna” sopravvissuti alla violenza degli ultimi anni, si trova in carcere: ma in quella dell’Autorità Palestinese, a Jerico, dal 13 maggio scorso.
E c’è anche lui tra i tanti prigionieri politici palestinesi in sciopero della fame.
Una detenzione, la sua, che da “civile” si è fatta “militare”. “Si tratta di un espediente per negarmi il diritto di incontrare o parlare con il mio cliente”, ha fatto sapere il suo avvocato, Farid Hawash, che delle modifiche non era stato neanche informato.
“Con Zakaria stanno giocando, lo rimbalzano tra corte civile e militare per aggirare la loro stessa cosiddetta legge”, ha commentato Jonatan Stanczak, Managing Director del teatro. Per questo Zakaria ha fatto sapere che continuerà lo sciopero della fame, se necessario anche fino alla morte.
Intanto, a pagare le conseguenze di queste detenzioni, sono come sempre i ragazzi del teatro. Il programma formativo della scuola di recitazione, senza Nabil e Zakaria, è fermo, così come l’apertura della nuova stagione, rinviata a tempo indeterminato.
Una resistenza artistica, culturale e nonviolenta che spaventa molti, quella di un teatro che negli anni ha subìto attacchi, accuse di "occidentalismo" e isolamento, fino all'assalto frontale, al cuore, con l'assassinio di Juliano.
E per ora, con il sipario calato e le porte chiuse, l'unico spettacolo andato in scena è stato quello a cui Micaela Miranda, moglie di Nabil, ha assistito nel tribunale militare. "Una farsa umiliante", come lei stessa lo ha definito.
Fonte: Osservatorio Iraq
Autore: Cecilia Dalla Negra
Licenza: Copyleft
Articolo tratto interamente da Osservatorio Iraq
Photo credit Guillaume Paumier caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons
1 commento:
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Gli apparati statali di Israele perseverano nella loro brutale politica di repressione, oltrettutto cieca a fronte di quello che sarà un giorno il giudizio, infine, della Storia.
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