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sabato 13 dicembre 2025

La nuova normalità è la paura? Sicurezza, guerra e obbedienza



Articolo da Centro Studi Sereno Regis

Ormai è chiaro a tutti che il Governo Meloni stia affossando il diritto di protesta pacifica in Italia. Lo ha dimostrato con il DDL sicurezza, approvato in Senato il 4 giugno 2025 e convertito in legge il 9 giugno 2025 Legge n° 80.

Vietato dissentire

Siamo approdati a ciò a piccoli passi con il Decreto Rave Party convertito in legge nel 2022, proseguito poi con la Legge n° 6 nel 2024 come Legge contro l’eco-vandalismo, che punisce gli attivisti che scelgono i beni paesaggistici o culturali come obiettivi di atti di protesta pacifica. Il vero fine è evidente: criminalizzare il dissenso e le lotte sociali che pongono davanti alla politica i veri problemi della nostra società, come il cambiamento climatico, il dissolvimento dei diritti costituzionali e la scomparsa del diritto internazionale.

Tutto ciò è poi legato ad una propaganda bellicista che tenta di produrre narrative e immagini che spingono a prendere le difese di una parte e non vedere l’intrinseco processo in atto non solo in Italia, ma in tutta Europa e gli Stati Uniti.

Il diritto alla libertà di parola e opinione diversa da quella corrente viene soffocata in nome di concetti quali«sicurezza nazionale», «propaganda terrorista», «lotta all’antisemitismo» ecc., ribaltando e confondendo la realtà nominandola con sostantivi di fatto non coerenti con i fatti.

In parallelo invece assistiamo a una tolleranza stupefacente nei riguardi di declami, dichiarazioni che inneggiano al fascismo e al nazismo, dai toni dichiaratamente razzisti, facendo leva sulla  libertà di parola e opinione (che in questo caso vale, in altri no). È davanti agli occhi di tutti quelli che sanno comparare e connettere nel tempo le dichiarazioni dei nostri ministri che usano «due pesi e due misure» per dare valutazioni alle manifestazioni di protesta e ai vari momenti in cui il saluto fascista era presentato senza vergogna.

Segnali allarmanti giungono sempre più numerosi non solo da Torino sulla forte limitazione alla libertà di parola ed espressione. Sarebbe meglio dire che è in atto una criminalizzazione del dissenso e soprattutto se il dissenso arriva da cittadini musulmani, arabi comunque stranieri. Ricordiamo le cariche della Polizia contro gli studenti medi a Pisa, Firenze, Catania; agli studenti universitari a Torino, alla sapienza di Roma.

Stiamo anche assistendo all’aumento di aggressioni di stampo neofascista in varie parti di Italia, cori fascisti e inni al duce nella sede dell’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia a Parma.

Gli ultimi inquietanti episodi qui a Torino si riferiscono al fermo di uno studente di 16 anni del Liceo Einstein che protestava durante un volantinaggio di un gruppo di destra «Gioventù Nazionale» Gabriele D’Annunzio, difeso dalle Forze dell’Ordine, in cui i militanti spintonavano e prendevano a calci gli studenti che si rifiutavano di prendere i volantini «contro la cultura maranza».

E poi abbiamo il caso di Mohamed Shahin, imam della moschea  di Torino, prelevato e trasferito a Caltanissetta  in un Centro di permanenza per il rimpatrio. Il provvedimento arriva settimane dopo le sue parole pronunciate durante una manifestazione pro-Palestina del 9 ottobre u.s., quando aveva definito l’attacco del 7 ottobre 2023 come una reazione ad anni di occupazione. Una dichiarazione che rientra nel campo della libertà di espressione politica ma che si è trasformata in un’operazione mediatica e istituzionale, portando alla revoca del suo permesso di soggiorno di lungo periodo e in un ordine di espulsione.

Senza contare cosa sta succedendo alla stampa italiana, dove la repressione della libertà si manifesta in diversi modi, tra cui leggi restrittive, attacchi fisici contro i giornalisti, aumento delle cause legali e una imbarazzante  influenza degli interessi privati e statali sulla linea editoriale. Secondo l’indice Reporter senza frontiere 2025 la situazione è peggiorata anche in Paesi democratici come l’Italia, scivolata al 49° posto.

La lista non è certo esaustiva, ma compone un quadro inquietante di cui non tutti si accorgono: comincia a mancare l’aria ma si respira ancora e quindi si fa finta di niente. Per accorgersi di quanto sta accadendo dobbiamo arrivare a non respirare più?

Per aggiungere altri tasselli citiamo l’autonomia differenziata, l’ipotesi del premierato che si sta profilando all’orizzonte per raggiungere quello stato autoritario che fa della GUERRA una necessaria realtà. Necessaria perché poco per volta si sta costruendo poco per volta la convinzione di una minaccia alle porte dell’Europa non surrogata né da fatti né da dichiarazioni, bensì accennata e profilata all’orizzonte come «possibile». Molti articoli dei vari giornali usano verbi come Putin «potrebbe» attaccare l’Europa, «potrebbe» usare l’arma atomica, «potrebbe» …

E sul «potrebbe» si fomentano paure per convincere l’opinione pubblica italiana ed europea della necessità di un riarmo europeo, dunque anche italiano.

«Da mesi, nei corridoi della Commissione, è partita una corsa frenetica alla ricerca di fondi per sostenere l’industria della difesa, con una revisione a tappeto dei meccanismi di investimento. Il risultato è un intreccio di programmi e agenzie che, dopo anni di frammentazione e inefficacia, stanno trovando un nuovo collante: la sicurezza militare.
La strategia “Defence Readiness 2030”, il nuovo nome – più sobrio – del progetto RearmEU (marzo 2025), è esplicita: rafforzare rapidamente la capacità militare dell’UE, anche a costo di dirottare risorse da pensioni, sanità e welfare, come ha lasciato intendere il segretario generale della NATO, Mark Rutte».

La Leva «volontaria»

In questo contesto  il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha annunciato l’intenzione di presentare una proposta legislativa per reintrodurre il servizio militare in Italia. L’annuncio, fatto a Parigi, dà concretezza a un’intenzione già presente in questo Governo, ma tenuta «dormiente» fino a tempi maturi. Al Tg 3 ha ovviamente fatto una cauta dichiarazione, cauta ma inequivocabile: la decisione finale spetta alle Camere, ma il Governo intende perseguire questa strada con un’azione legislativa formale.


Autore: 
Rita Vittori

Licenza: Licenza Creative Commons

Articolo tratto interamente da 
Centro Studi Sereno Regis 


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