martedì 14 ottobre 2014
Change.org, l’attivismo via internet
Articolo da Voci Globali
Con 2 milioni e 700 mila utenti, una media di 600 petizioni al mese, 15.000 lanciate dall’esordio della piattaforma nel luglio 2012, Change.org (Italia) avanza spedita nell’obiettivo di fornire a chiunque voglia portare avanti una battaglia, un’idea, una proposta, un luogo virtuale per ottenere risultati reali.
Nata a San Francisco nel 2007 la piattaforma si è poi diffusa in 18 Paesi del mondo, approdando in Italia nel luglio 2012. Si continuerà a crescere e in programma c’è anche l’apertura in qualche Paese africano, a cominciare – si vocifera – dal Kenya.
Salvatore Barbera, direttore delle campagne in Italia non vuol sentire parlare del termine slackactivism o clicktivism, quella sorta di attivismo pigro che consente, attraverso un click – appunto – di lavarsi la coscienza e pensare di aver davvero contribuito a cambiare il mondo. “Già qualche anno fa – dice Barbera a Voci Globali – è stata presentata una ricerca che dimostrava che le persone che partecipano alle petizioni online sono anche quelle che di solito scendono nelle strade“.
In ogni caso, visto che al momento non riusciamo a fornire altri dati, tranne ricordare quello che diceva Evgeny Morozov, che ha appunto coniato il termine, occorre concentrarsi sui risultati portati a casa finora.
Sulle 15.000 petizioni lanciate finora ne sono andate in porto 350. Tante, poche? “Sfido qualunque organizzazone – dice Barbera – a vincere 350 campagne in soli due anni di vita“. Il direttore della piattaforma italiana sottolinea l’importanza della possibilità di interazione, data da un progetto come Change.org, capace di generare processi di cambiamento e di fare lobbying su temi di natura sociale e che spesso investono la qualità della vita i tutti i giorni o i diritti umani di milioni di persone. “Quello che è importante – dice Barbera – è che tutti, potenzialmente, oggi abbiano la possibilità di farsi sentire. Il web è uno strumento eccezionale, ma non è un’astrazione, sono le persone che lo usano e sta alle persone trarne il meglio. Ad usarlo è una creatura umana, il risultato dipenderà da questa creatura. Le risposte vengono dalle interazioni che le persone sono in grado di creare“.
Barbera ricorda che la piattaforma ha la caratteristica di essere aperta e “pluralista” nel senso che non ci sono idee, né persone, né situazioni che sono soggette a controllo e censura. “Le uniche situazioni in cui siamo intervenuti sono state dei ‘tentativi’ di aprire campagne da ragazzi molto giovani. Le proposte erano davvero troppo infantili per poter avere un seguito“.
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Fonte: Voci Globali
Autore: Antonella Sinopoli
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Articolo tratto interamente da Voci Globali
2 commenti:
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Sinceramente non mi sembra un brutto risultato, anche perchè sta al buonsenso delle persone partecipare alle petizioni: io vedo la piattaforma come un'opportunità per fare qualcosa di concreto.
RispondiEliminaUn abbraccio
Io ho firmato molte petizioni attraverso change.org, tutte molto serie e importanti....per salvaguardare i diritti di animali e persone in tutto il mondo!
RispondiEliminaSecondo me è una bella piattaforma che ha vinto parecchie battaglie......
Ciao, buonanotte
Serena