Comunicato da NonUnaDiMeno
Il 22 maggio e il 26 maggio, a quarant’anni
dall’approvazione della legge 194 che legalizza l’interruzione
volontaria di gravidanza, Non Una Di Meno torna nelle piazze di
tutta Italia forte della solidarietà dei movimenti femministi che in
tutto il mondo, dall’Argentina all’Irlanda, dalla Polonia agli Stati
Uniti, hanno rimesso al centro del dibattito pubblico la giustizia
riproduttiva e la libertà di scegliere.
Il movimento rivendica la libertà e i
diritti conquistati in decenni di lotte collettive, per dire che
la sessualità delle donne non è finalizzata alla procreazione, che la
maternità non è un obbligo ma una scelta.
Non Una Di Meno denuncia la
responsabilità di Stato e Regioni nella continua violazione del diritto
alla salute riproduttiva: anche questa è violenza di genere. Il numero
di medici obiettori ha raggiunto una media del 70%, con punte del 90% in
alcune regioni. Solo 390 su 654 strutture dotate di reparti di
ostetricia e ginecologia effettuano interruzioni di gravidanza, con il
risultato che l’interruzione volontaria di gravidanza è sempre più un
percorso a ostacoli.
L’aborto farmacologico è somministrato da pochi ospedali e in modo limitato, mentre la stessa legge 194 prevede l’uso delle tecniche più aggiornate a tutela della nostra salute. Inoltre, riguardo gravidanza e parto, oltre il 20% delle donne racconta di aver subito umiliazioni e pratiche violente durante il parto, mentre l’accesso gratuito agli esami diagnostici durante la gravidanza è compromesso dalla carenza di strutture pubbliche, con conseguenze gravi sulla salute e sul benessere delle donne, soprattutto quelle più povere e precarie.
L’aborto farmacologico è somministrato da pochi ospedali e in modo limitato, mentre la stessa legge 194 prevede l’uso delle tecniche più aggiornate a tutela della nostra salute. Inoltre, riguardo gravidanza e parto, oltre il 20% delle donne racconta di aver subito umiliazioni e pratiche violente durante il parto, mentre l’accesso gratuito agli esami diagnostici durante la gravidanza è compromesso dalla carenza di strutture pubbliche, con conseguenze gravi sulla salute e sul benessere delle donne, soprattutto quelle più povere e precarie.
Nel difendere la nostra libertà di scegliere
partiamo dalla forza di un movimento globale che pretende e reclama una
trasformazione dell’intera società. Siamo con le donne argentine che
hanno imposto al parlamento di discutere la legalizzazione dell’aborto,
con le irlandesi che a fine maggio voteranno in un referendum per
decriminalizzare la procedura per l’aborto, con le polacche che per
prime hanno scioperato per bloccare i tentativi del parlamento di
proibirlo.
Vogliamo la contraccezione gratuita.
Vogliamo l’accesso gratuito all’assistenza
sanitaria per l’ivg, la gravidanza e il parto indipendentemente dalla
cittadinanza e dai documenti.
Vogliamo gli obiettori fuori dalle strutture sanitarie pubbliche e dalle farmacie.
Vogliamo la RU486 a 63 giorni e senza ospedalizzazione, somministrata anche nei consultori pubblici.
Vogliamo l’eliminazione delle sanzioni
amministrative per le donne che ricorrono all’aborto fuori dalle
strutture sanitarie pubbliche.
Vogliamo welfare per l’autodeterminazione,
la sanità pubblica, laica e a nostra misura, i consultori aperti alle
donne di qualunque età, alle persone gay, lesbiche, trans e alle
migranti.
Vogliamo l’educazione sessuale nelle scuole.
Non Una Di Meno
Condivido completamente, tuttavia mi chiedo se nel mondo ci sono persone così intelligenti da capire che è ora di rendere queste cose concrete.
RispondiEliminaBuon giovedì!
Speriamo che ci siano.
EliminaTutto giusto e civile. Ciao!
RispondiEliminaSono d'accordo.
Eliminasi decisamente, anche se sinceramente si dovrebbero proibire gli aborti illegali eh?
RispondiEliminaSugli aborti illegali sono d'accordo, si rischia anche la vita.
Elimina