mercoledì 24 gennaio 2018

I maggiori impedimenti alla realizzazione della pace


Articolo da Pressenza

Il maggiore impedimento alla realizzazione della pace è che non esiste nella società una chiara e forte volontà di realizzarla. Certamente, e soprattutto nelle nuove generazioni, possiamo osservare un’aspirazione ad un mondo nuovo, globale, aperto alle diversità e senza guerre e conflitti, ma quest’aspirazione per adesso non si manifesta ancora con determinazione. Al contrario le priorità che muovono le persone e soprattutto i governi nelle decisioni concrete della vita di tutti i giorni sono altre.

Non dobbiamo farci ingannare dalle dichiarazioni ufficiali sulla pace, sulla civiltà e sulla cultura. Su questo punto non possiamo dimenticare il grande insegnamento di Tolstoj, che mise a nudo l’ipocrisia della civiltà occidentale. Dietro alle espressioni “guerra umanitaria”, “guerra preventiva”  o “difesa dei nostri valori” troviamo una verità semplice e cruda: le guerre si fanno per interessi economici, per controllare le risorse, per imporre il proprio dominio, per sottomettere intere popolazioni.

Scopriamo una mentalità, una visione del mondo, un insieme di valori che possiamo sintetizzare cosi: usare l’altro come una cosa per realizzare i propri fini, a proprio vantaggio. Questo capita tutti i giorni nella nostra vita, in famiglia, sul lavoro, con gli amici. L’altro è una persona intelligente e interessante fin quando la pensa come me e facilita la realizzazione dei miei obbiettivi, ma quando non è d’accordo con me diventa inevitabilmente uno stupido e un nemico. Questa mentalità a livello più ampio fa sì che una piccola minoranza imponga il proprio dominio usando popoli interi, nazioni e stati come se fossero cose, come semplici oggetti, strumenti. Fin a quando questo sarà la mentalità dominante, sarà impossibile fermare le guerre. Perché le guerre non sono un incidente, un errore nel cammino, ma uno strumento essenziale per sottomettere gli altri alla propria volontà. In altre parole, la violenza in tutte le sue forme è la metodologia dell’attuale sistema sociale.

Questa frattura nella nostra esistenza, e di nuovo chiamiamo in causa Tolstoj, questa contraddizione tra ciò che si dice e ciò che si fa, si manifesta in numerosi modi. Facciamo alcuni esempi. L’Europa teme e condanna il terrorismo islamico, ma contemporaneamente vende armi a stati dittatoriali come l’Arabia Saudita, che sostengono e fomentano il terrorismo fondamentalista. Condanna la guerra, ma contemporaneamente vende armi a tutti gli attori in campo, come è accertato che sia accaduto in Libia, in Iraq e in Siria. Addirittura la guerra in certi casi non è nemmeno più una guerra di occupazione, ma la guerra in se stessa è il business, è l’occasione per vendere armi, per distruggere e ricostruire. Stiamo parlando di un’industria della morte il cui business è la guerra stessa!

Il migliore rappresentante di questa mentalità violenta è quello che da tempo viene chiamato il “complesso militare-industriale e politico”, una relazione molto stretta tra gruppi finanziari, industrie delle armi, vertici militari e governi. Il potere di questi gruppi è ogni giorno più forte. Anche lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Obama, non ha potuto contrastare queste oligarchie nel suo tentativo di rendere più severa la legge che permette la vendita delle armi. Al contrario questa visione della società come un far west si sta esportando anche in Europa.


Osserviamo la tendenza a un forte aumento della spesa bellica, al ritorno al servizio militare obbligatorio e alla vendita libera delle armi per la difesa personale. Secondo i dati del SIPRI la spesa mondiale per gli armamenti è stata nel 2016 di 1.680 miliardi di dollari, con un incremento di quasi il 60% rispetto al 2000. Negli ultimi anni gli Stati Uniti stanno facendo grande pressione sui membri della NATO per aumentare la spesa militare, arrivando almeno al 2% del PIL. La conseguenza sarebbe, considerando solo i paesi europei della NATO, una spesa annuale di 295 miliardi di euro, cioè 80 miliardi in più di quella attuale, con un incremento del 37%.

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Fonte: Pressenza


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Articolo tratto interamente da Pressenza


4 commenti:

  1. La pace non è assolutamente la priorità, anzi gli Stati cercano di inculcare una mentalità affaristica e del mercato fino dalla scuola. Si vogliono soffocare sempre più gli indirizzi umanistici ed una vera formazione culturale nella scuola dell'obbligo per "formare" studenti che diventino lavoratori ad hoc per il mercato e magari disposti ad essere anche silenziosamente sfruttati dallo stesso. Si sta assistendo ad un tentativo già avanzato di modellare le società future non al rispetto e conseguimento di certi valori ma alla rincorsa di realtà pragmatiche e tese al profitto. E si vogliono formare due classi: una quella dell'elite che dovrà governare le masse (ma non per questo intellettualmente capace, solo ben strutturata per il compito che le è stato assegnato) e l'altra di schiavi moderni. E' un futuro buio nel quale si innesta anche il problema di robot che sottrarranno lavoro all'uomo invece di aiutarlo a vivere meglio. Bel futuro abbiamo davanti se non cambierà qualcosa.

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  2. Quante verità nel tuo post, purtroppo è tutto vero. La pace, in tutto il pianeta, non si avrà mai perché, purtroppo, ci sarà sempre qualcuno che cercherà di impedirlo alla ricerca di profitti personali.
    Ti ringrazio per la visita al mio blog
    Buona giornata,
    Stefania

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    1. Il capitalismo sfrenato ha prodotto questi risultati, una società basata sui profitti e non etica.

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