I dati relativi all’aumento vertiginoso dei buoni lavoro o voucher – l’Inps stima in circa 1,5 milioni i lavoratori coinvolti nel 2015 – ha riproposto al centro del dibattito pubblico il fenomeno del lavoro povero e precario. In origine, i voucher furono introdotti dalla Legge Biagi come strumento di regolazione del lavoro c.d. accessorio, attraverso l’individuazione di un elenco di prestazioni riconducibili, dai lavori di giardinaggio, di manutenzione sino al lavoro domestico.
La riforma Fornero prima e il
Jobs Act dopo hanno esteso l’utilizzo dei voucher: la prima estendone
l’utilizzo a tutti settori produttivi e mantenendo come unico vincolo
la soglia del compenso a 5.000 euro, il secondo allargando la stessa
soglia delle prestazioni lavorative retribuite con buoni lavoro da 5.000
euro a 7.000 euro netti e abolendo il carattere discontinuo e
occasionale della prestazione. Il combinato disposto dell’allargamento
dei settori produttivi e del limite di retribuzione a voucher è
all’origine del massiccio ricorso degli ultimi anni. In attesa di avere
dall’Inps dati sulle attivazione dei voucher e sulla tipologia di
percettori, a partire dalla storia contributiva e contrattuale per
comprenderne la funzione svolta nel mercato del lavoro, è utile
soffermarsi sulle parole spese dal governo sul fenomeno dei buoni
lavoro. Il ministro Poletti - intervenendo sul tema qualche giorno fa –
ha riconosciuto che l’aumento dei voucher è un tema preoccupante,
limitandosi tuttavia a indicare nella tracciabilità dello strumento un
deterrente utile a fermarne gli abusi. Il titolare del lavoro ha
aggiunto che il voucher rappresenta un deterrente al lavoro nero, vera
piaga del paese, costituendo quindi uno strumento funzionale al
contrasto del sommerso. Un’impostazione che è stata ripresa ieri dal
responsabile economico del Partito Democratico, Filippo Taddei, in
un’intervista concessa al quotidiano La Repubblica. La retorica della
flessibilità, funzionale alle esigenze dell’impresa viene, quindi,
sostituita con quella della lotta al lavoro nero. Un passaggio narrativo
che non è stato sufficientemente analizzato nelle implicazioni profonde
che assume sulla tenuta economica e sociale del paese. Attribuire allo
strumento del voucher una funzione di deterrenza del lavoro irregolare e
contestualmente allargarne il ricorso ad interi settori produttivi
rischia di indebolire ulteriormente quel patto sociale, che regola i
rapporti tra i cittadini e le istituzioni dello stato. Se, infatti
l’istituto del voucher viene legittimato come emersione del lavoro nero,
si prefigura una vera e propria politica di condono del lavoro
irregolare, esteso ad interi comparti dell’economia nazionale.
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Fonte: Il Corsaro - l'altra informazione
Autore: Simone Fana
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Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Articolo tratto interamente da Il Corsaro - l'altra informazione
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