Articolo da ZNetwork
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Dall'inizio degli attuali attacchi a Gaza, Israele ha goduto del sostegno inequivocabile degli Stati europei e degli Stati Uniti. Negli ultimi giorni, secondo quanto riferito, avrebbe reclutato anche stati africani per contribuire con la loro parte e prendere parte ai crimini di guerra, alla pulizia etnica e al genocidio, acconsentendo ad accogliere i palestinesi allontanati con la forza da Gaza.
Finora, le proposte indecenti di Israele sarebbero state estese alla RDC, al Ciad e al Ruanda. Soprattutto quest’ultima cosa non può sorprendere, dato il tentativo del Regno Unito di ignorare il diritto internazionale ed esportare in Africa la propria incompetenza riguardo alle politiche migratorie sostenibili e umane e all’adempimento degli obblighi internazionali. L’UE ha firmato accordi simili con Marocco, Tunisia, Turchia e Libia, mentre l’Italia ha concluso il suo accordo con l’Albania. Prima o poi il governo israeliano farà dei tentativi anche lì se non riuscirà altrove a ricorrere alla forza o a offrire un prezzo sufficientemente alto per ciò che è inaccettabile.
Per decenni Israele, in quanto potenza occupante, ha trasferito con successo i suoi obblighi e doveri alle agenzie delle Nazioni Unite, alle organizzazioni umanitarie e agli stati donatori, che offrono volentieri aiuti umanitari e di sviluppo per ricostruire dopo ogni bombardamento da parte dell’esercito israeliano.
Tuttavia, è Israele che, in quanto occupante, ha degli obblighi ai sensi delle Convenzioni di Ginevra. Tra questi c'è il dovere di garantire che nessuna misura venga presa contro la popolazione civile occupata causando sofferenze fisiche o qualsiasi altra misura di brutalità. La potenza occupante deve garantire cibo e forniture mediche alla popolazione occupata. Israele ha fatto di tutto per ottenere il contrario. Il 5 gennaio, il capo umanitario delle Nazioni Unite ha avvertito che Gaza è diventata inabitabile mentre Medici Senza Frontiere (MSF) ha dichiarato che Gaza era scomparsa senza più nulla.
Le azioni di Israele nelle ultime settimane sono state rivoluzionarie. Il disprezzo per i diritti e la vita dei palestinesi è stato portato a un nuovo estremo, finora inimmaginabile. Mantenere viva l’idea dei due Stati avvantaggia, come ha fatto finora, solo Israele. Serve alla continua colonizzazione della terra palestinese e allo sfratto degli abitanti palestinesi. Dagli anni Novanta la “questione dei rifugiati” è stata spostata nel futuro e verso la fine del “processo di pace”. Tuttavia, non è una domanda. È un diritto. Un diritto dei profughi palestinesi a ritornare nelle loro case dalle quali le milizie israeliane e Israele li espulsero con la forza durante la Nakba del 1947-1948. È un diritto sancito dalla Risoluzione 194 dell’ONU e riconosciuto dalla Corte Internazionale di Giustizia. Il motivo per cui è stato ignorato dallo Stato di Israele fin dall’inizio e violato negli ultimi 75 anni risiede nell’obiettivo fondamentale dello Stato israeliano di garantire la maggioranza più ampia possibile, se non totale, della maggioranza e del dominio etnico-ebraico nella terra compresa tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questo obiettivo viola i principi fondamentali di uguaglianza di tutti gli esseri umani e richiede l’oppressione quotidiana dei palestinesi; è inaccettabile e indegno di considerazione.
Ci sono 2,3 milioni di persone a Gaza che Israele desidera “ripulire”, come è stato sfacciatamente affermato da politici e personaggi pubblici israeliani. L'impunità di Israele per il suo totale disprezzo del diritto internazionale e la sua capacità di scaricare i propri obblighi su altri deve essere fermata. Se gli avvertimenti secondo cui Gaza è diventata inabitabile a causa della devastazione causata da Israele vengono presi sul serio, allora la soluzione dovrebbe essere semplice: è giunto il momento che Israele consenta ai 2,3 milioni di persone intrappolate a Gaza di essere evacuate nel territorio israeliano – per per la grande maggioranza di loro ciò rappresenterà solo un legittimo riconoscimento del loro diritto al ritorno.
Il diritto al ritorno dei palestinesi è stato finora rinviato a un futuro indefinito. Ciò che è in bilico adesso è il futuro. Il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, in tutto 6,5 milioni, deve essere il punto di partenza. Deve essere il primo obbligo che Israele adempie. La comunità internazionale può, come suggerito dagli esperti delle Nazioni Unite, garantire una presenza protettiva, che salvaguarderà la sicurezza e il benessere dei rifugiati palestinesi che ritornano. Soprattutto considerando la situazione attuale in Israele, dove l’odio violento e i discorsi di odio diretti contro i palestinesi si diffondono impunemente.
La soluzione non è cercare una nuova casa. È ora che i palestinesi ritornino a casa.
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Fonte: ZNetwork
Autore: Kristina Božič
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Articolo tratto interamente da ZNetwork
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