Articolo da Cittadini reattivi
L’Italia è al 61° posto su 168 nella classifica mondiale dell’indice di percezione della corruzione (CPI), penultima tra i Paesi dell’Unione Europea e davanti solo alla Bulgaria, mentre il podio globale è occupato dal Nord Europa.
A redigere il rapporto, quest’anno alla sua ventunesima edizione, l’organizzazione Transparency International che si batte per sconfiggere la corruzione in tutte le sue forme e in tutti gli ambiti della vita quotidiana, dalle istituzioni alle organizzazioni economiche alla società civile.
L’indice è calcolato mettendo insieme la percezione di corruzione espressa da12 autorevoli fonti, organizzazioni quali la Banca Mondiale, Freedom House, l’Intelligence Unit della rivista britannica Economist e la Banca di Sviluppo Africana. E se è praticamente impossibile valutare in modo matematicamente esatto la corruzione esistente in un Paese, proprio per la sua natura illegale e la conseguente incertezza e approssimazione dei valori analizzati, le valutazioni che si ottengono hanno conseguenze ben chiare: gli indici riflettono la percezione che quelle istituzioni hanno nei confronti dei vari Paesi, percezione che influenza l’immagine e la credibilità dei Paesi stessi davanti a possibili investitori, nonché il sentimento del mercato.
Se rispetto all’anno scorso l’Italia ha scalato la classifica di 8 posizioni, il che potrebbe essere causato da una scivolata di altri Paesi (ad esempio il Lesotho, ora alla nostra stessa posizione), il punteggio in termini assoluti è migliorato di un solo punto, passando da 43 a 44 su un massimo di 100. Proprio per come è strutturato l’indice, comunque, questi cambiamenti non sono univocamente riferibili ad eventi o condizioni identificabili. Premesso che nessun paese è perfetto o corruption-free (senza corruzione), i punteggi più alti, quelli di Danimarca, Finlandia e Svezia, sono rispettivamente 91, 90 e 89. In ultima posizione a pari (de)merito, con 8 punti, troviamo Somalia e Nord Corea, preceduti da Paesi in cui lunghi anni di conflitti hanno minato istituzioni, governi, mercato, sicurezza e servizi: dal basso troviamo Afghanistan (11), Sudan (12), Sud Sudan (15), Angola (15), Libia (16) e Iraq (16). La Siria è poco più su, al 154° posto con 18 punti, insieme a Yemen, Turkmenistan e Eritrea.
Appaiono chiari i legami che la corruzione ha con la repressione, non solo in situazioni così estreme di guerra, ma anche in Europa, soprattutto quella orientale, dove le istituzioni diventano un fulcro per accumulare potere, mentre vengono ristrette le libertà (Azerbaijan, Kazakhstan, Russia eUzbekistan).
E il rapporto avverte: il governo non può combattere la corruzione da solo, ha bisogno della società civile che insieme alla stampa libera sono strumenti consolidati di contrasto al malaffare.
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Articolo tratto interamente da Cittadini reattivi
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