Sì c’è la guerra, l’inquinamento (in tutte le sue declinazioni), la carne rossa, il cambiamento climatico, il terrorismo… tutte questioni importanti, ma forse senza eccessivi allarmismi è ora di aprire un dibattito pubblico anche sul tema dell’elettrosmog, coinvolgendo medici, scienziati e la società civile, visto che, a quanto pare, per il business di pochi si rischia di pregiudicare la salute di molti. A dirlo non sono io, ma il Consiglio d’Europa secondo il quale: “Aspettare prove certe potrebbe portare a grandi costi per la salute, come successo in passato per l’amianto, il fumo di sigaretta e il piombo della benzina”. Prove che in alcuni casi già ci sono, visto che la IARC classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibili cancerogeni” (Classe 2B) per l’uomo dal giugno 2011.
Ne parliamo adesso perché la scorsa settimana il Tribunale di Tolosa ha riconosciuto una pensione di invalidità per “ipersensibilità elettromagnetica” ad una donna di 39 anni. Si tratta del primo caso giuridico in materia che da questo momento rappresenta un precedente importante per capire come convivere con l’evoluzione tecnologica coniugando velocità di trasmissione dati “senza fili” con le patologie causate dall’elettrosmog. Marine Richard, questo il nome della donna di Tolosa, si è vista diagnosticare un deficit funzionale dell’85% e un indennizzo di 800 euro al mese per tre anni, eventualmente rinnovabile, a causa dei suoi continui mal di testa, formicolii e insonnia dovuti al wi-fi e a tutti i campi elettromagnetici che incontrava a lavoro. Una decisione che per il tribunale si basa su numerose pubblicazioni scientifiche che hanno dimostrato come “i campi elettromagnetici non ionizzanti (EMF) influiscono sugli organismi viventi a livelli ben inferiori a molte linee guida sia nazionali che internazionali”. Una delle più autorevoli tra queste ricerche, un riferimento anche per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stata pubblicata dal gruppo di scienziati indipendenti di Bioinitiative ed ha fissato inequivocabilmente a “0,6 Volt per metro la soglia di sicurezza, cioè 100 volte meno la soglia oggi considerata sicura per l’uomo in Europa”.
Dalla Svezia arrivano dati egualmente allarmanti attraverso la più importante ricerca mai condotta sui pericoli dei cellulari, un’analisi di studio condotta nel 1997-2003 e 2007-2009 da Lennart Hardell. Il celebre oncologo epidemiologo, fondatore dell’ICEMS (e già membro del panel scientifico dello IARC che nel 2011 classificò in “possibile cancerogeno” l’inquinamento elettromagnetico da Cell-Phone) ritiene che oggi servirebbe un più alto ranking rischio-tumori per le connessioni/conversazioni wireless. “Ci vuole la Classe 1, cancerogeni per l’uomo come arsenico, nickel e formaldeide - ha spiegato Hardell, le cui parole sono state utilizzate anche per lanciare una petizione su Avaaz - Il glioma e il neuroma acustico sono causati dalle emissioni in radiofrequenza e dai campi elettromagnetici dei telefoni senza fili e quindi da considerare cancerogene nel Gruppo 1 secondo la classificazione IARC. Le attuali linee guida per l’esposizione devono essere riviste con urgenza!”.
Per questi motivi, 190 scienziati di 39 Paesi hanno inoltrato lo scorso luglio un appello all’Onu, destinato a Ban Ki-moon, Segretario Generale, Margaret Chan, Direttore Generale, e a tutti gli Stati membri, “per incoraggiare l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad esercitare una forte leadership nella promozione dello sviluppo di linee guida più protettive nei confronti degli EMF, incoraggiando misure precauzionali, ed educando il pubblico riguardo ai rischi per la salute, in particolare per lo sviluppo dei bambini e del feto”. Tra i firmatari di questo appello c’è anche la dottoressa Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna. L’Istituto Ramazzini ha condotto un grande esperimento sui campi elettromagnetici circa la cancerogenicità dei campi magnetici a bassa frequenza (50 Hz) e delle radiofrequenze (1,8 GHz), da sole o in associazione ad altri cancerogeni chimici o fisici. “I primi dati che abbiamo pubblicato mostrano un aumento statisticamente significativo di tumori mammari dovuto all’associazione tra campi elettromagnetici e radiazioni a bassissime dosi” ha spiegato la Belpoggi.
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Fonte: Unimondo.org
Autore: Alessandro Graziadei
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Articolo tratto interamente da Unimondo.org
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