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domenica 23 novembre 2025

45 anni dal terremoto in Irpinia; il mio ricordo indelebile

Destruction à Conza della Campania suite au Séisme d'Irpinia du 23 novembre 1980

Sono trascorsi quarantacinque anni da quella maledetta sera, che in pochi secondi, portò morte, dolore e distruzione. Sono nato in provincia di Napoli, anche se ormai da tempo vivo in Emilia. Ma uno dei ricordi più dolorosi della mia infanzia resta legato proprio a quella data.  

Erano passate le diciannove, mi trovavo nella casa di mia nonna materna a Portici, insieme alla mia famiglia. Avevo appena cinque anni e stavo giocando con mio fratello più piccolo, quando un boato improvviso squarciò il silenzio, seguito dal tremore inconfondibile del terremoto. Ricordo le urla, il panico, la fuga verso l’esterno. In strada, la paura era ovunque: la gente cercava notizie con le radioline, e io, bambino, fissavo la Luna piena rossa, come un presagio indelebile.  

Nei giorni successivi arrivarono solo brutte notizie: i GR e i telegiornali raccontavano il bilancio delle vittime, mentre noi dormivamo dai nonni paterni, in campagna, lontano dagli edifici.  

Oggi, a distanza di decenni, parlare di quell’evento resta difficile. Io ebbi la “fortuna” di trovarmi lontano dall’epicentro, ma il pensiero corre a chi perse tutto: i propri cari, la casa, i ricordi. Bastano pochi secondi per cambiare o spezzare una vita.  

Eppure, in un Paese sismico come l’Italia, ancora non vedo una vera cultura della prevenzione. Si costruisce troppo spesso senza criteri antisismici, e gli edifici pubblici come le scuole, gli ospedali sono i primi a crollare, quando invece dovrebbero essere rifugi sicuri. Non possiamo fermare i terremoti, ma possiamo ridurre i danni. L’unica arma che abbiamo è la prevenzione, e da lì dobbiamo ripartire.  

Photo credit Pro Loco Compsa, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


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