In una Palestina segnata dalla guerra, tra macerie e silenzi, una bambina di otto anni trova un modo semplice ma potente per resistere: disegnare fiori su una finestra rotta. L'autore di questo racconto vuole rimanere anonimo, ha scritto questo breve racconto solo per sensibilizzare le persone e accendere un po' di speranza.
La finestra di NouraNoura aveva otto anni e viveva in una casa di pietra a Beit Hanoun, nel nord della Striscia di Gaza. La sua finestra dava su un campo che un tempo era pieno di ulivi. Ora era solo terra bruciata e carcasse di auto. Ma lei continuava a chiamarlo “il giardino”.
Ogni mattina, Noura disegnava fiori sul vetro appannato. Tulipani, girasoli, margherite. “Così il giardino torna a vivere,” diceva a sua madre, che sorrideva con gli occhi stanchi.
Il padre di Noura era muratore. Aveva costruito più rifugi che case. “Le case si distruggono, i rifugi salvano,” diceva. Ma Noura non capiva perché bisognasse nascondersi per vivere.
Una notte, le sirene suonarono. La madre la prese in braccio e corse nel rifugio. Il padre non arrivò. Il giorno dopo, Noura tornò alla finestra. Il vetro era rotto. Il giardino, ancora più nero. Disegnò un fiore rosso. Poi uno bianco. Poi uno verde. “Papà diceva che i colori non muoiono,” sussurrò.
I vicini iniziarono a notarla. Ogni giorno, un nuovo fiore. Un ragazzo portò un pennarello. Una donna le regalò una lastra di plexiglass. La finestra di Noura diventò un muro di colori. E la gente cominciò a fermarsi. A parlare. A ricordare.
Un giornalista la fotografò. Un soldato, in silenzio, lasciò un fiore vero sotto la finestra. E un giorno, il giardino fiorì davvero. Non con piante, ma con persone.
L'autore di questo post, si è riservato il diritto di restare in anonimato, quindi non verrà rivelata l'identità e la fonte.







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