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mercoledì 13 agosto 2025

13 agosto 1935 – Disastro di Molare: un'esondazione del lago di Ortiglieto dovuta al crollo di una diga provoca 111 vittime



Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Con disastro di Molare (ricordato anche come catastrofe dell'Ortiglieto o della sella Zerbino), s'intendono i drammatici avvenimenti legati all'esondazione del lago di Ortiglieto, avvenuta il 13 agosto 1935 in provincia di Alessandria.

Nel 1906, sulla base di studi del Politecnico di Milano iniziati negli ultimi anni del XIX secolo, la Società per le Forze Idrauliche della Liguria chiese e ottenne dai comuni della valle circostante l'Orba la possibilità di sfruttare le acque di quel torrente per produzione di energia idroelettrica. La concessione fu revocata nel 1916 per inadempienze contrattuali e, nello stesso anno, subentrò alla SFIL la Officine Elettriche Genovesi (OEG), che riprese il progetto di creare un bacino chiuso da una diga alta circa 35 metri al Bric Zerbino[1].

Una prima esondazione dell'Orba, che nel 1915 aveva alluvionato Ovada, non aveva scoraggiato gli ingegneri, i quali diedero ufficialmente il via nel 1917 ai lavori, che procedettero con lentezza all'inizio, per poi conoscere una seconda, frenetica fase dopo il 1923, anno in cui si verificò peraltro il disastro del Gleno. Il progetto fu modificato radicalmente in corso d'opera; rispetto al disegno originale il muro fu alzato di oltre 10 metri e, per ovviare al varco aperto da una sella (la sella Zerbino), fu sbrigativamente costruita una seconda diga in calcestruzzo, alta 15 metri circa.
Nel 1925 l'opera poteva dirsi finita: gli sbarramenti diedero vita ad un lago artificiale a forma di C, detto di Ortiglieto, lungo 5 chilometri e largo 400 metri, che bagnava i comuni di Molare e Rossiglione[2].

Assieme alla diga era stato costruito un impianto idroelettrico dell'OEG, privo di stazioni pluviometriche. La principale centrale elettrica era quella di Molare, in frazione Madonna delle Rocche. Vi erano due scaricatori principali che riversavano l'acqua nell'Orba: uno con valvola a campana, l'altro sul fondo. Quest'ultimo provocava alla struttura vibrazioni ed il suo utilizzo fu presto limitato e poi completamente evitato[1].

Nel 1926 gli abitanti di Grillano lamentarono difficoltà nell'attraversare il guado che collegava la loro frazione al centro di Ovada: il motivo era l'ingrossarsi del fiume nei periodi di svuotamento del bacino. La conseguenza fu un regio decreto legge che garantì all'OEG lo sfruttamento dell'Orba, con l'obbligo però di approfondimenti riguardo agli studi sul terreno. In effetti ad ulteriori ricerche non fu mai dato il via per cui ad alcune perdite della sella Zerbino si rimediò con iniezioni di calcestruzzo[1].

 L'estate del 1935 era stata particolarmente siccitosa; l'OEG programmò dunque un taglio della produzione elettrica e il blocco degli scarichi della diga.

All'alba di martedì 13 agosto straordinarie precipitazioni iniziarono ad abbattersi improvvisamente sulle valli di Orba e Stura: in meno di otto ore, e con un periodo di relativa calma tra le 11 e mezzogiorno, caddero sulla zona oltre 40 centimetri di pioggia.

Nonostante l'esondazione la diga maggiore, che preoccupava di più i tecnici e gli operai di Ortiglieto, evitò il crollo: resse per la robustezza del terreno sottostante, pur inumidito dall'acqua[3]. Lo stesso non successe con lo sbarramento secondario, quello della sella Zerbino, che cadde riversando nell'Orba già in piena un fronte d'acqua fangosa largo due chilometri[4] e alto venti metri, della portata di oltre 30 milioni di metri cubi[2]

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